Un drammatico finale che fa pensare a un sequel, l’avventura di un salvataggio in mare, una storia d’amore travagliata, un magnetico e umanissimo protagonista, Achille Vitale, che prova a rialzarsi dopo aver perso tutto. Ecco i segreti di “Mare mosso”, secondo romanzo di Francesco Musolino
Punto di riferimento sui social in salsa letteraria, con il progetto di lettura no-profit @Stoleggendo e col riverbero delle sue tante collaborazioni giornalistiche su carta stampata e non, il messinese Francesco Musolino ha preso gusto a saltare la barricata ed è già al suo secondo esperimento narrativo. Mare mosso (179 pagine, 16 euro) è pura fiction, un romanzo che gli ha fatto abbracciare le edizioni e/o dopo il precedente approdo a Rizzoli col suo libro di debutto. Chi lavora quotidianamente con le parole, e lo fa in ambito giornalistico, deve evidentemente fare i conti con qualche pregiudizio, con qualche bocca storta. Musolino salta l’ostacolo scegliendo la strada del… lavoro. L’impegno certosino l’ha portato a fare sopralluoghi, consultare documenti, a confrontarsi con esperti di nautica, a intervistare testimoni di chi in mare vive. Il risultato si vede, è un romanzo che veleggia sull’onda di tanti consensi critici e che ottiene risultati anche in termini di ristampe. E che non si autoconclude col drammatico finale, ma lascia aperta più di una porta a un sequel, che probabilmente già frulla nella testa dell’autore.
Cargo alla deriva (con pesce surgelato e non solo…)
I paragoni (e anche gli omaggi dichiarati platealmente) sono quanto più di scivoloso ci sia in natura, e ancora più in ambito librario. Nel battage che ha accompagnato Mare mosso di Musolino (qui la nostra videointervista) sono stati spesi nomi molto importanti. In questo sede non faremo nessun riferimento, limitandoci a dire che il plot splende di luce propria, avvincente, tambureggiante, congegnato per catturare una platea vasta, chi legge solo sotto l’ombrellone, chi lo fa per professione, chi non può farne a meno. Storia di mare e di avventura Mare mosso affonda le origini in un fatto reale, un salvataggio al largo del mar di Sardegna. Un impavido ma umanissimo personaggio costituisce gran parte delle fortune delle pagine di Musolino, ovvero un ingegnere navale a capo di una flotta di rimorchiatori per conto di un facoltoso armatore napoletano, noto come il Cavaliere. Achille Vitale è il suo nome, palermitano di nascita, la cui professione consiste nell’essere sempre pronto e disponibile per soccorrere, a qualsiasi orario e in qualsiasi condizione, qualsiasi imbarcazione in difficoltà. Succede così di dover provare a recuperare, nel corso di una tempesta, la Izmir, cargo turco alla deriva. Ma nella stiva non ci sono solo centinaia di tonnellate di pesce surgelato…
Quella svedese…
Il mare è una creatura magnetica, un mondo per tanti versi ancor inesplorato, un avversario senza soste. Eppure chi legge si immedesima tanto in Achille Vitale, ex cadetto dell’accademia navale, non un mitico e metafisico Achab, ma un concretissimo, umanissimo individuo che ha perso tutto e accetta una sfida. Non c’è solo l’avventura a far capolino in Mare mosso, ma anche una storia d’amore travagliata, con una svedese (madre della figlia di Achille) di stanza a Venezia…
Avrei voluto che Brigitta provasse a capire che ce la stavo mettendo tutta, che quei primi anni di sacrifici sarebbero passati, come tutto passa nella vita e si lascia cicatrici magari ma alla fine scivola via. Ho tentato di proteggerla, di offrirmi come scudo all’avanzare del destino e dei suoi capricci, perfino alla mia stessa coglioneria. Ero il capro espiatorio perfetto, un sacrificio inevitabile con il quale volevo dimostrarle il mio amore. Non volevo mi dicesse grazie ma non mi aspettavo tutto quello che è venuto dopo. E anche se ho le mie colpe, non meritavo certo quest’inferno. Ecco qua, alla fine l’ho detto. Tanto sono sott’acqua e non mi ha sentito nessuno.
Una strada solitaria o quasi
Per come dispiega un genere desueto come il romanzo d’avventura – combinandolo a una trasognata elegia dei mitici anni Ottanta – Musolino merita un plauso. Tanto più che ha scelto una strada solitaria o quasi. Negli ultimi anni l’unico vero apripista di un ritorno a storie spregiudicate e avventurose è stato Gianluca Barbera (ne abbiamo scritto qui, qui e qui), pur guardando a un passato ben più remoto. Musolino sa di aver scelto una strada poco battuta e non ha esitato, ambizione nell’ambizione, a impreziosire l’inizio di ogni capitolo con un esergo a tema. La pulizia di una scrittura leggera e pregnante fa il resto e spiega l’interesse attorno a un volume che, almeno in ambito italiano, non somiglia davvero a quello di nessuno.
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