L’hard-boiled nelle mani di Avoledo regala godimento

Azioni veloci, dialoghi brillanti, scene dinamiche e un protagonista… macho. In “Non è mai notte quando muori” del sapienziale ma non serioso Tullio Avoledo torna Stoker, già protagonista di “Nero come la notte”, investigatore privato dal passato parecchio tribolato. Un meccanismo narrativo complesso, perfetta proposta… da plaid 2002

 

La transizione da “sotto l’ombrellone” a “sotto al plaid” si consuma in una manciata di giorni, con l’arrivo delle prime perturbazioni e il tramonto che erode in maniera significativa al dì preziosi minuti di luce. L’accompagna un fisiologico calo di umore. Naturalmente anche questo pernicioso logorio che subentra con la stagione autunnale può essere efficacemente contrastato da un buon libro. E chiaramente ho il suggerimento del caso.
La mia proposta di “lettura da plaid 2022” è Non è mai notte quando muori di Tullio Avoledo (516 pagine, 20 euro), edito da Marsilio nella collana Farfalle.
Da dove comincio a raccontarvi un libro che, come ogni noirhard boiled che si rispetti, deve essere maneggiato stando ben attenti agli “spifferi”?  

Torna Stoker, essere umano di scarto

Poiché sono una di quei tipi che, anche quando deve disquisire di Schopenhauer, esordisce sempre con: io! per non smentirmi, e per facilitarmi il compito, parto dal personale. È il primo romanzo di Tullio Avoledo che leggo. Piacevolmente sorpresa dalla struttura, dalla lingua e dalla sostanza di quello in cui stavo affondando il naso, ad un paio di capitoli dall’inizio, in preda al misto di curiosità, frustrazione e rammarico che mi coglie sempre quando scopro in ritardo certe chicche, mi sono obbligata a una sosta ai box per un approfondimento sull’autore e il suo repertorio. È venuto fuori, per quanto attiene specificatamente a Sergio Stoker, l’ex poliziotto protagonista del libro, che egli non nasce tra le pagine de Non è mai notte quando muori.  Infatti, ha visto la luce nel 2020, in Nero come la notte (ne abbiamo scritto qui), precedente romanzo dello scrittore friulano. Là ha cominciato le sue peripezie da essere umano di scarto – alcolizzato, tossicodipendente e radiato dalla polizia di Stato – in risalita dal pozzo nero delle dipendenze e del disadattamento sociale. Là, all’interno delle Zattere, un quartiere periferico abitato da derelitti di una ipotetica città del Nord Est, contestualmente al non certo facile impegno della riabilitazione, ha ricevuto il battesimo da investigatore privato. Per un istante, uno solo, il dilemma etico ha fatto irruzione nella mia coscienza, ammonendomi di mettere immediatamente in stand by Non è mai notte quando muori per recuperare la prima puntata del serial, dato che fare le cose disordinatamente è male. Troppo tardi. Ero già ad un punto di non ritorno.

Rude, contraddittorio, macho, politicamente scorretto

Piantata alle calcagna di Stoker, innamorata della sua rudezza, conquistata della sua umana contraddittorietà, affascinata dai suoi modi poco urbani, sedotta dal suo residuo ma ancora percettibile machismo d’antan, sostenuta dalla convinzione che l’esibito cinismo, la political incorrectness  e il disincanto verso la giustizia siano le sue vere armi di difesa, mi sono detta che il passato di una persona talvolta è prescindibile, e che, come nel nostro caso, si può costruire un legame affettivo solido partendo dal presente.
Questa nuova avventura, dunque, segna il ritorno alla vita attiva di Stoker, che ha trascorso i due anni precedenti – sferzati dalla pandemia – in un’isola caraibica, a limare la sua recuperata morigeratezza. Gli viene imposta una difficile (al limite dell’impossibile) e tortuosa missione, volta a recuperare il figlio di un oligarca russo vittima di rapimento. Vola, quindi, da qualche parte di uno pseudo continente africano, in uno Stato inventato da Avoledo, che è il distillato delle aberrazioni – metodo di governo dittatoriale, repressione dei diritti civili, fanatismo religioso, corruzione – dei sistemi politici autocratici pullulanti nel mondo.
Poiché sento spirare molto vicini i sibillini venticelli dello spoiler, chiudo qua la finestra sulla trama.

Trame e sottotrame senza cedimenti

Piuttosto, «vediamo di andare al sodo». Hard-boiled, sodo: colto il gioco di parole? Bene. Perché ho sgraffignato l’esortazione/citazione all’autore, vagheggiando sulla possibilità che sia stato egli il primo a divertirsi nell’architettare l’allusiva facezia, e perché è lo stesso Avoledo che accende il riflettore sul genere, citando a pag. 339 Dashiell Hammett, Raymond Chandler e quei loro «detective incaricati di cercare un pesce piccolo» ma che «poi incastrano lo squalo».
Ebbene, il nocciolo di tutto il mio panegirico è che ho adorato questo libro proprio per come Avoledo ha utilizzato gli elementi tipici di tale categoria letteraria, piegandoli alle esigenze dell’analisi antropologica-sociologica pur di una certa gravità che affida al testo, calcandoli e cavalcandoli senza esitazione e senza cedere di un passo al richiamo di un registro più compassato.
Il romanzo è definito da un meccanismo narrativo complesso. La trama si ramifica in molteplici sottotrame gestite con estremo rigore e senza cedimenti (finalmente un detective che non risolve i misteri grazie ad intuizioni paranormali!).

Citazioni colte e congiunture geo-politiche attuali

I personaggi sono tratteggiati con rigore e verosimiglianza, palesando la certosina cura dell’autore.
Abbondano le citazioni coltissime: Stoker è un orgoglioso ex liceale del classico, incurante delle insidie cui si espone chi pecca di hybris.
Impegnativi i riferimenti a congiunture geo-politiche di grandissima attualità: l’approvvigionamento mondiale di gas è al centro del plot, con il nome della Gazprom che quasi rimpalla in tempo reale dai telegiornali alle pagine.
Coraggiose e appassionante le allusioni ad eventi di cronaca recenti: la vittima del rapimento, con le dovute differenze, è quasi una figura commemorativa di Giulio Regeni.
Tutto sacrosanto. Eppure, tali ingredienti avrebbero perso energia, peso ed efficacia se Avoledo (qui un suo articolo scritto per noi) non li avesse diluiti nel ritmo veloce delle azioni, nel tono brillante dei dialoghi – diverte ma soprattutto stimolante il ping-pong di proverbi tra Stoker e un tassista nel corso di una fuga – nel dinamismo delle scene, perfino nel machismo del protagonista.  
«Hai davvero chiamato la pistola ferro? Ma allora leggi i noir». Ditemi se non è acutissimo questo passo, in cui Tullio Avoledo dà una lezione di come si possa essere sapienziali senza affondare nelle paludi della seriosità.
Una vita fa mi capitò sottomano l’’intera collezione de Le inchieste del commissario Sanantonio, i romanzi polizieschi del francese Frédéric Dard, scritti a partire dal 1949, pubblicati in Italia da Mondadori tra il 1970 e il 1978. Me la sparai tutta nel giro di qualche settimana in un accesso bulimico. Per parafrasare David Foster Wallace la definirei una di quelle cose divertenti che non vedevo l’ora di rifare. Grazie ad Avoledo, che regala pagine di grandissimo godimento, sono riuscita finalmente a replicare.

È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti

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