La seconda possibilità di un uomo come tanti, alle prese con una crisi di mezza età, da cui rialzarsi o cadere definitivamente. È la parabola di Mario Rossi, protagonista de “L’ultimo raccolto”, racconto lungo di Paolo Zardi, scrittore eclettico, che spezza consuetudini e spazza abitudini
Spiazza sempre. Coerentemente e implacabilmente la narrativa di Paolo Zardi – nomade dal punto di vista editoriale, ha pubblicato con sette case in poco più di un decennio – non concede ristoro o pace, ma incalza, indaga, insinua nel lettore domande e dubbi. Spezza consuetudini, spazza abitudini. Prendete, per esempio, il protagonista del racconto che Paolo Zardi ha affidato alle edizioni Tetra. Ne L’ultimo raccolto (90 pagine, 4 euro) una moglie, Rachele, mette alla porta, senza complimenti, spiegazioni ed esitazioni, il marito Mario. Gli snocciola accuse sibilline, lascia intendere di sapere tutto, spiegandogli che non possono più vivere assieme.
Poco più di cinquant’anni
Quello di Mario Rossi è un profilo comune, un everyman, un individuo che sognava di diventare qualcuno (un fisico di grido), costretto a volare basso, a galleggiare nella mediocrità, a. scivolare nell’incomunicabilità, specie in famiglia. Il tunnel della depressione è solo il passo successivo, il concretizzarsi di una crisi di mezza età.
Aveva poco più di cinquant’anni, un’età in cui era necessario decidere se accettare la vita per quello che era stata, e rassegnarsi alle sue conseguenze, o provare a inventarne una nuova, per l’ultima volta.
Cadere («Sono rimasto solo e credo di essere sul punto di perdermi») o rialzarsi sono le uniche due opzioni, non sono previste vie di mezzo. E l’eclettico Zardi – romanzi, racconti, distopie e realismo – evoca, dopo lo smarrimento, una reazione.
Più tumulto che quiete
Un trasferimento per motivi di lavoro gli fa lasciare alle spalle la moglie, la figlia adottiva Quintana, il Veneto e lo fa approdare in una zona residenziale di Copenaghen. È qui che Paolo Zardi – vedrà come il lettore – fa compiere il destino del suo personaggio. Orientandolo più verso il tumulto che la quiete, più verso il futuro che il passato. Gli riesce di incastrarsi in una situazione degna del Dustin Hoffman de Il laureato…
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