La quotidianità immutabile, la dura vera realtà nei racconti sparsi di Chris Offutt, riuniti sotto il titolo “Di seconda mano”. L’autore statunitense non ha bisogno di effetti speciali, nelle sue pagine niente pianti commoventi o violenze di maniera, niente vite spezzate o traumi improvvisi
Kentucky orientale (quello delle recenti alluvioni di fine luglio 2022, decine di morti, centinaia di sfollati). Autunno di poco tempo fa. La trentaduenne vive in una topaia in fondo a una strada di campagna con un ragazzo divorziato e con la figlia di lui (otto anni, in terza elementare), lei è cresciuta sulle colline a un centinaio di miglia da lì, non ha lavoro (ne ha trovati tanti perdendoli tutti quasi subito), cerca di cavarsela e fa fatica, la cosa più preziosa che possiede sono un paio di stivali da cowboy di pelle di struzzo. Con la vecchia Chevy dovrebbe accompagnare la bimba a scuola ma fa un giro per Bowling Green, paesino dove si è trasferita da sei mesi, vorrebbe comprarle qualcosa. Si ferma al banco dei pegni, lì dentro ogni oggetto è appartenuto a gente al capolinea, la loro disperazione la senti nell’aria. Vedono una mountain bike con le forcelle ammortizzate, quindici marce e la borraccia, lei ha iniziato a frequentare i banchi dei pegni da adulta, ma anche la vita della ragazzina è tutta di seconda mano (compresa lei), però quando vede la bici s’illumina. Scambio quasi alla pari con gli stivali, la vita va avanti, più o meno.
Tutto eguale e separato
In copertina ci sono gli stivali e il titolo della raccolta del più recente libro di Chris Offutt (tradotto da Roberto Serrai per Minimum Fax) prende spunto proprio da quello del primo dei racconti, Di seconda mano (189 pagine, 16 euro). Rende l’idea. Magnifici. Di soave ferocia. Non per un singolo comportamento o guaio, niente pianti commoventi o violenze di maniera, niente vite spezzate o traumi improvvisi. Esistenze mestamente anonime e quotidiane, là per una terra (creste, colline, conche, torrenti, strade sterrate, cemento) dove le famiglie sono allargate di continuo, generazioni si succedono nello stesso lavoro (quando c’è) e da decenni quasi tutto resta curiosamente eguale, separato, nel tempo e nello spazio. La dura vera realtà.
Il Kentucky e il sesso
Il grandissimo scrittore americano Chris shit for brains Offutt (Lexington, 1958) pubblica ora undici racconti usciti negli ultimi anni su varie riviste, interamente o in parte. Nel primo (donna) e in ulteriori tre casi la narrazione è in prima persona (poi tre uomini), al presente o al passato; negli altri in terza su donne o uomini o varia. Il Kentucky c’entra sempre, perlopiù proprio la contea di Rowan e Lexington, dove l’autore è nato; in oltre la metà dei casi la vicenda si svolge lì (e magari si vorrebbe andar via), negli altri vi si torna dopo tanto tempo o se ne ricordano i caratteri (con odio, compiacimento o rimpianto), come la gerarchia sociale che esiste pure sulle colline, il mondo “diverso” ai piedi degli Appalachi. Alcuni personaggi “sensibili”, come le persone ritardate, tornano spesso, comprimari o protagonisti (il Johnny Bill del quinto racconto); il sesso lo si trova in tutti, ognuno a proprio modo è pensiero costante e azione cruciale nelle vite raccontate; pure un qualche animale “non” di città c’è sempre, coprotagonista della storia. Segnalo quel conosciuto volto liscio con “la solita combinazione di monotono affetto e distaccata pazienza”, a pag. 94. Del resto, ognuno pensa che la lingua del proprio lavoro (inteso come qualsiasi attività svolta) sia la più importante. Vino e liquori, musiche coerenti.
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