L’oceano – protagonista della rivista The Passenger – andrà avanti senza di noi, non viceversa: non ci siamo resi conto che, distruggendolo, stiamo distruggendo il nostro sistema di supporto vitale. Una raccolta di saggi che ci spiegano, fra l’altro, a prendercene cura; costruire un rapporto personale (e letterario) con l’oceano è la chiave per garantirne la conservazione
Pianeta acquatico. Prima e ora. Quando ti immergi sott’acqua è come immergersi nella storia della vita sulla terra. Ci trovi tutte le principali specie di esseri viventi: dalle spugne ai coralli, dai granchi alle meduse, dai pesci, ai delfini e alle balene. L’oceano è una biblioteca della vita. Il singolare è d’obbligo: esiste solo un unico grande Oceano interconnesso che ricopre oltre il settanta per cento del pianeta. Forse dobbiamo essere meno non solo antropocentrici ma anche terrocentrici. Tutte le masse terrestri del pianeta sono isole e occupano meno del trenta per cento del globo. Il resto è acqua, perlopiù salata: tanti mari vicini e lontani nei noti grandi bacini oceanici. In un modo o nell’altro, l’oceano andrà avanti senza di noi, non viceversa: contiene tutti gli ingredienti che rendono possibile la nostra esistenza e non ci siamo resi conto che, distruggendolo, stiamo distruggendo il nostro sistema di supporto vitale.
Smettere di avere un impatto
Dobbiamo ripopolare, rimettere a posto ciò che abbiamo perso e salvare ciò che rimane. La pesca industriale sta depauperando i nostri mari. Il pesce è considerato una risorsa gratuita: basta uscire e prenderselo. La perdita non si vede ma perdiamo tonnellate di animali. Non fa bene all’oceano e non fa bene al clima, come anche usare specchi d’acqua come discarica per lo smaltimento di ciò che non ci serve. La nostra priorità numero uno dovrebbe essere quella di smettere di avere un impatto. Per prima cosa, non fare danni. La conoscenza scientifica c’è già, ma non è stata ancora interiorizzata nella mentalità collettiva. Questi sono alcuni spunti del competente interessante dialogo fra due splendide scienziate: la giovane biologa marina peruviana Kerstin Forsberg (1984) ha intervistato la mitica oceanografa statunitense Sylvia Earle (1935), un’educazione oceanica per introdurre il nuovo volume The Passenger “per esploratori del mondo” (192 pagine, 19,50 euro), per Iperborea, dedicato all’Oceano.
Gli umani? Creature marine
La collana è ormai nota e molto apprezzata, commissiona o raccoglie articoli recenti su luoghi umani del pianeta (città ed ecosistemi) in bei volumi illustrati e vuol farci meglio capire, in questo caso, che gli esseri umani siamo “creature marine”. Abbiamo bisogno dell’oceano quanto ogni polpo, calamaro, balena o barriera corallina: niente oceano, niente vita, niente umanità. Il nostro è un pianeta Oceano: prendercene cura e costruire un rapporto personale (pure letterario) con l’oceano è certamente la chiave per garantirne la conservazione. Il volume è ricco di foto (d’autore), dati, grafici, schede, infografiche (originali e ben leggibili).
Saggi, appendice e… playlist
Dopo la premessa rieducativa si possono leggere brevi saggi dello storico britannico Richard Hamblyn sull’evoluzione e sul linguaggio delle onde marine; della giornalista britannica Rose George sull’industria mercantile dei trasporti marini a bordo di un’immensa nave portacontainer; dei giornalisti norvegesi Eskil Engdal e Kjetil Sæter sul lungo periglioso inseguimento nel dicembre 2014 a uno dei principali pescherecci di frodo; dello scrittore britannico Philip Hoare sulle maestose balene, con le quali si può tranquillamente nuotare insieme, per esempio nelle acque delle Azzorre; della giornalista britannica Tabitha Lasley sulle piattaforme petrolifere e gli uomini che ci lavorano; degli italiani Giovanni Soldini (skypper) e Antonello Provenzale (geoscienziato) su correnti, plancton e ghiacci, in forma di dialogo; della giornalista italiana Valentina Pigmei sui “vagabondi del mare”, quel variegato popolo di persone che passano oggi la vita in mare, rinunciando spesso a mestieri sicuri per un’esistenza meno comoda e più rischiosa; del giornalista britannico Simon Winchester con l’entusiasmante ricostruzione delle millenarie navigazioni su canoe nel Pacifico puntellato di isole lontane, padroneggiando i mari senza strumenti moderni e senza sottomettere altri umani. A chiusura un’appendice sui libri di un docente velista svedese; una playlist di un ingegnere nautico italiano; una breve bibliografia.
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