Romanzo di atmosfere e di emozioni, di libertà di immaginazione e vasta ricerca bibliografica, “Nel furor delle tempeste” di Luigi La Rosa, dedicato alla breve e fulgente vita di Vincenzo Bellini. Il messaggio? Riflettere sempre su ciò che conta davvero, al di là di imperfezioni, ritmi forsennati e impetuosi…
Celeberrimo compositore, ma oggi forse non abbastanza noto al grandissimo pubblico, Vincenzo Bellini continua a ispirare gli scrittori. La memoria non ci inganna quando torniamo all’anno scorso con il romanzo La musica perduta di Antonio Mistretta, per Perrone editore, e a qualche anno prima con Bellini nella musica delle carrozze di Lina Maria Ugolini (ne abbiamo scritto qui). Adesso è il messinese, ma habitué della Francia, Luigi La Rosa che porta a compimento uno squisito progetto letterario, con una bella biografia romanzata di Bellini, che fa il paio con quella dedicata a Gustave Caillebotte, genio dimenticato, mecenate degli impressionisti e artista travagliato: dopo L’uomo senza inverno (ne abbiamo scritto qui), Luigi La Rosa è tornato in libreria, sempre per Piemme edizioni, con Nel furor delle tempeste. Breve vita di Vincenzo Bellini (360 pagine, 18,90 euro).
Gloria e affanni, amicizie e solitudine
L’artista catanese è ritratto da La Rosa (nella foto di Giusy Sciacca), con prosa evocativa e affascinante, in ogni passaggio essenziale del proprio percorso umano e professionale, l’infanzia etnea – quando era chiamato Nzudduzzu – la formazione al conservatorio di Napoli e il peregrinare nelle più importanti città italiane e nei maggiori teatri europei, frequentazioni e innamoramenti, sensibilità e tensione, gloria e affanni, amicizie e solitudine. È un romanzo di atmosfere e di emozioni, di libertà di immaginazione ma che ha alle spalle una vasta ricerca bibliografica, per non lasciare nulla al caso. L’unica costante, nei giorni felici e nelle avversità, nei precoci successi come nei fiaschi, è la devozione per la musica (coltivata a ogni costo, “con un’ostinazione scaramantica e lucida”), facile da trasformare in creazione e inscindibilmente connessa alle scelte e agli “accidenti” biografici di Bellini, fra corti e salotti, teatri e strade, fra mondanità, intrighi e gelosie. Chi leggerà questo romanzo farà in fretta a percepirlo.
Riflettere fra le passioni smodate
Non tutto è stato didascalicamente ripreso e rimodellato dall’universo del melodramma del tempo e della vita, delle opere e dei miracoli, dalle passioni e dai tormenti del compositore siciliano. L’autore – che avrà letto tantissimi classici del XIX secolo – osa anche con qualche figura immaginaria, su tutte il misterioso conte De Brouillard. L’uomo in fuga, che finirà per fare i conti con la malattia e con la morte, sembra dirci, attraverso l’emozionante romanzo di La Rosa, che bisogna assaporare ogni attimo di trionfo, che bisogna godersi ogni viaggio e tutte le esperienze. Il monito arriva attraverso un personaggio imperfetto, ma affamato di vita, dai ritmi forsennati. Il consiglio, in buona sostanza, è riflettere, sempre, anche quando si è preda di passioni smodate e impetuose. Un po’ come spinge a fare la musica del genio Bellini. La sua breve e fulgente stagione non è ancora finita. Non passa giorno che, in almeno un angolo di mondo, anche sperduto, non vada in scena un’opera di Bellini. Predestinato, affermato, tormentato, condannato a un eterno addio, morto a nemmeno trentaquattro anni, in cui ha vissuto mille vite. Più contemporaneo di quanto non si creda. Fratello di tutti noi. Come non riconoscerlo?
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