Smarrirsi e ritrovarsi fra i barrios. I racconti di “A Lisbona non è mai lunedì” pulsano della vita vera della capitale portoghese. Nove storie, una per ogni giorno della settimana, da domenica, e poi una sul 13 giugno, festa di S. Antonio, e una sul 25 aprile, in cui si celebra la rivoluzione dei Garofani. Un volume su una città “del desiderio”, “di cui si va alla ricerca”, che accade e non è fatta per lasciarsi guardare. Nuovo contributo da Lusoteca
C’è un momento a Lisbona in cui anche l’amante più devoto di questa città nostalgica, quando l’energia e la luce smagliante della baixa gli ha inebriato il cuore a sufficienza, cerca un luogo tranquillo, uno spazio sereno, al riparo dai rumori frenetici della cidade.
Non è difficile uscire dal percorso turistico più frequentato: basta imboccare una via laterale, l’importante è che sia in salita, e in pochi minuti il trambusto si allontana, le strade si restringono e le voci sono quelle di qualche signora che si affaccia alla finestra e cerca con lo sguardo quello stralcio di Tago azzurro che luccica sull’orizzonte.
È qui che pulsa la vita vera della città. Le storie raccolte nel libro A Lisbona non è mai lunedì (184 pagine, 15 euro), pubblicato da Tuga Edizioni, pulsano della vita vera di Lisbona.
Come far smarrire un lettore
Gli autori di questi racconti, infatti, lavorano o hanno vissuto a Lisbona per un periodo della loro vita, o fanno ritorno ciclicamente, come falene intrappolate nel campo di attrazione della luce. L’idea alla base di questa raccolta originale di storie, come si può leggere nell’introduzione a cura di Daniele Coltrinari, è quella di far smarrire il lettore tra le strade e i vicoli dei quartieri (i bairros) della città. Rua da bica, Rua do recolhimento, Cais das colunas, Calçada do monte, Beco dos peixinhos, Rua Maria Pia, Rua dos cavaleiros… sono solo alcuni degli itinerari che i protagonisti di queste storie seguiranno alla ricerca di un percorso personale, a volta programmato, altre improvvisato, ma sempre teso a costruire un’identità o a ritrovarne i pezzi smarriti lungo la via.
E forse Lisbona è l’esempio più emblematico del nuovo inizio, proprio qui dove la vita riemerge dalle macerie di un terremoto che nel 1755 ha distrutto le fondamenta del suo passato, certo con quella dolorosa nostalgia che è l’essenza della saudade portoghese, ma pur sempre rinascita, con forza e resilienza.
Il lunedì di Lisbona
La raccolta è organizzata secondo una struttura settimanale: sette racconti, uno per ogni giorno della settimana, partendo da domenica (domingo) perché “domingo” è il primo giorno della settimana. L’inusuale denominazione dei giorni della settimana risale ad una decisione del vescovo di Braga, che nel 1563 impose l’utilizzo di nomi senza il riferimento agli dei pagani: si utilizzò il termine di origine latina “domingo” per indicare il giorno del Signore e il termine “sábado” di ordine ebraica per indicare il giorno di risposo, e da questi si aggiunsero delle denominazioni progressive, da due a sei, seguiti da “feira” (derivato dal latino “feria” che significa “giorni di riposo”, anche se adottato dai portoghesi per i giorni feriali).
Al termine della settimana si aggiungono due storie dedicate a due giornate fondamentali per la storia della città di Lisbona: il 13 giugno, festa di S. Antonio, e il 25 aprile, giornata in cui si celebra la rivoluzione dei Garofani e la fine della dittatura salazariana.
Il titolo rimanda, invece, ad una canzone di Franco Battiato dal titolo “Segunda Feira” il cui testo contrappone il “nome d’incanto” che la lingua portoghese utilizza per indicare il giorno successivo alla domenica e il nostro ordinario “lunedì”, che evoca scenari meno incantevoli, di lenta e spossata ripresa che segue al riposo.
(“Segunda feira de Lisboa, che nome d’incanto! Qui da noi è lunedì soltanto”).
Nove racconti (autori Alessio Romano, Paola Minussi, Michela Graziosi, Jacopo Spaziani, Marcello Sacco, Luca Vaglio, Valentina Stella, Mark Pimenta, Francesco Selva) per perdersi, e ritrovarsi, nella città di Lisbona: una città “del desiderio”, per prendere in prestito le parole della grande scrittrice portoghese Teolinda Gersão, una città “di cui si va alla ricerca”, una città che accade e che non è fatta per lasciarsi guardare. Perché forse non siamo noi a scegliere Lisbona, ma è lei a scegliere noi.
Questo e altri contributi sulla letteratura lusofona sono disponibili su Lusoteca