Il culto della verità senza compromessi o scorciatoie è una delle maggiori eredità del lavoro d’inchiesta di Anna Politkovskaja, rara voce critica nella Russia di Putin, assassinata nel 2006. In “Diario russo” la giornalista analizza l’esaurirsi della democrazia e l’escalation delle impunità dello “zar”
Gli orribili, devastanti, ignobili eventi bellici degli ultimi mesi hanno iniettato nuova attualità, se ce ne fosse davvero bisogno, in un volumone che ritrova seconda vita in versione tascabile, grazie alla casa editrice Adelphi. È Diario russo (499 pagine, 15 euro) di Anna Politkovskaja, giornalista speciale, coraggiosa, e voce libera recisa in un agguato, nel 2006 in Russia. In queste pagine Politkovskaja ragionava, fra le altre cose, anche sul senso di libertà e sullo spirito di autodeterminazione dei popoli, a cominciare da quello ucraino, protagonista della pacifica rivoluzione arancione, che alla fine del 2004 si scagliò contro i brogli del candidato presidente filorusso Viktor Janukovyč: azione di protesta che sarebbe culminata in nuove elezioni, con la vittoria di Viktor Juščenko, sconfitto alla prima tornata “truccata”, poi in carica dal 2005 al 2010.
L’escalation delle impunità
Di Anna Politkovskaja colpiscono il pragmatismo, il culto della verità, la passione civile che non ammette scorciatoie o compromessi. La corruzione, la repressione politica, la propaganda che imperversano in Russia da quando è al potere Putin, oscuro ex agente del Kgb, sono illustrati con esattezza e chiarezza: tutto quello che molti, nel cosiddetto Occidente, non vedevano, certuni neanche adesso di fronte a carri armati e atrocità, era già tra le febbrili righe di Politkovskaja, la cui prosa urgente e vivida è un invito alla lettura rapida e a una riflessione ancora più immediata. Le accuse a Putin e l’escalation delle sue impunità, senza nessun alt, senza nessuna reale opposizione, con numeri, nomi e cognomi, fatti circostanziati, culminati in carneficine in cui l’uomo forte del Cremlino non ha dovuto spiegare nulla, dalla strage del 2002 al teatro Dubrovka di Mosca a quella del 2004 nella scuola di Beslan, agli sconfinamenti in Cecenia, Georgia, Crimea e Ucraina.
L’anima russa dormiente
L’inviata speciale del giornale Novaja Gazeta non faceva finta di non vedere, denunciava da testimone tutt’altro che indifferente, e in Diario Russo – tradotto da Claudia Zonghetti – accosta ogni tessera al suo posto e il puzzle dell’anima russa dormiente al giorno d’oggi è angosciante e spietato: giornalisti asserviti (un ex, Michail Jur’ev, assoldato dal Cremlino scrive chiaramente che chi critica Putin è nemico della Russia), censure ripetute, scandali insabbiati, tanta diffusa povertà dietro l’opulenza sfoggiata, giudici asserviti alla politica, oligarchi indifferenti, più che altro dediti a vacanze e affari all’estero, opinione pubblica anestetizzata, come la classe dirigente, costituita da fantocci e nulla più. Un volume postumo che è molto più di un testamento, è una bomba che deflagra sulle nostre coscienze, un velo alzato sulla debolissima democrazia russa venuta meno con l’avvento dello “zar” Vladimir.
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