Un racconto onesto e illuminante, colmo di citazioni e scritto con passione e sagacia: è “Il tuffatore” di Elena Stancanelli sulla magnifica e tragica esistenza di Raul Gardini. Che denunciò il capitalismo senza capitali, sfidando potentissimi intoccabili e attaccando la politica…
Cantava Luca Barbarossa, era il 1988, io avevo 13 anni. Oggi ne ho 47 e, se questo fosse un rap, Luca Barbarossa avrebbe potuto scriverlo ieri sera. Elena Stancanelli che, oltre ad avere qualche anno in più di me è di palato musicale più fino, sceglie Fabrizio De Andrè come colonna sonora del suo docu-romanzo su Raul Gardini – Il tuffatore (240 pagine, 18 euro) per La Nave di Teseo – non solo perché entrambi “nati ricchi” in mezzo ad una generazione che sognava di potere avere 1000 lire al mese, ma anche perché le rispettive famiglie furono legate in più modi.
L’Italia uccide i migliori (non solo i santi)
Oggi gli Yuppies si chiamano Millenials e di quella generazione antenata hanno conservato solo lo spirito edonistico. Sostanza, poca o niente. Di sicuro poco o niente sanno dei “favolosi anni ‘80”, dei suoi lati oscuri, di vizi e virtù, di angeli e demòni. Per questo dovrebbero leggere questo libro (e magari qualche altro già che ci sono!). Il nostro è un paese che uccide, letteralmente, i suoi uomini migliori. E per migliori non intendo, di certo, solo i santi.
Bello e dannato, un eroe shakespeariano, Raul Gardini, è stato una pietra miliare della nostra storia politica, economica e sociale al netto degli sbagli e delle operazioni bordeline che lo hanno portato al suicidio per non finire in manette.
È stato “il Corsaro”, nel mondo della finanza, per le sue scorribande in borsa e gli assalti alle S.p.A. La stampa lo ha dequalificato chiamandolo “il Contadino”, per distinguerlo dall’“Avvocato” Agnelli e dall’“Ingegnere” Carlo De Benedetti. Per gli amici e le ragazze del Molo di Ravenna, in un’atmosfera felliniana, sarà sempre il “Tuffatore”, energico, vitale, elegante e coraggioso.
La madre di tutte le tangenti
Dall’eredità di Serafino Ferruzzi, alla creazione di formidabili società leader mondiali ed europee nei settori dell’agricoltura, della chimica e dell’energia, Raul Gardini, viaggia in prima classe insieme ai grandi della terra. Estrae lo zucchero dalle barbabietole e trasforma l’etanolo in benzina verde. Fa degli italiani un popolo di velisti e li tiene svegli tutta la notte, ubriacandoli di strambate. Ma, un giorno, si sono rotte le acque e “la madre di tutte le tangenti” ha partorito un mostro. È stato lui a ingravidarla?
È obbligo giuridico e morale indagare laddove ci sono reati; onestà intellettuale, però, è riconoscere che enormi interessi di natura economica, politica e sindacale hanno influito sui metodi, discutibili, di quell’inchiesta. Nominarla Tangentopoli, come se fosse una provincia di Topolinia, la dice lunga. Sarebbe ingeneroso non riconoscere i meriti di chi, forse troppo in anticipo sui tempi, ha affrontato i temi dello sviluppo, dell’ambiente e delle nuove tecnologie. Ha commesso hybris sfidando, con la sua tracotanza, divinità in grisaglia (Cuccia, Andreotti, Cefis e lobbisti estranei e nostrani) e denunciando quello che in Italia era (ed è) un capitalismo senza capitali, assistenziale e colluso, che si adagia sugli investimenti dello Stato. Stato che, spesso, è manipolato, più o meno consapevolmente, da poteri forti endogeni ed esogeni. Enrico Mattei, per fare il nome di una vittima illustre, ha pagato con la vita il tentativo di fare dell’Italia una nazione ricca e indipendente. Oggi più che mai ne paghiamo le conseguenze. Invece di stimolare a produrre le condizioni adatte per fare impresa e creare un clima favorevole allo sviluppo, la classe politica italiana ha cercato il profitto personale finendo per produrre solo privilegi e non ricchezza. Gardini paragonava i politici a vitelli che non vogliono svezzarsi, ma rimanere sempre attaccati alla mammella della mamma; ed in questo modo “finiscono inevitabilmente per mangiarsi la vacca!” Alla fine anche lui è sceso a patti col Diavolo e, con un colpo di pistola (anzi due), si è condannato alla dannazione eterna.
Tecnicismi, ironia e gossip
Un racconto onesto e illuminante, scritto con passione e sagacia, quello di Elena Stancanelli che alterna agli inevitabili tecnicismi su “take-over” e società matrioske, citazioni letterarie, musicali e cinematografiche, condendo tutto con mordace ironia e un pizzico di gossip, che non guasta mai.
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