“Amor che nella mente mi ragiona”. Maria Corti, la sua passione per Dante e la letteratura italiana rivivono, in occasione del ventennale della scomparsa. ne “I viaggiatori del cielo. Omaggio a Maria Corti”, a cura di Benedetta Centovalli. Il vivace ricordo, a più mani, dell’intellettuale eclettica che coniugò tradizione e modernità
La salvifica, nuova valorizzazione di talenti e personaggi culturali di spicco dell’ultimo periodo riguarda anche Maria Corti. Voci, per lo più femminili, scivolate, o troppo spesso fatte scivolare, nell’oblio a causa di condizioni storiche o socio-politiche sfavorevoli alla libertà di pensiero e modernità di cui erano portatrici con la loro esperienza culturale e di vita.
Benedetta Centovalli, tra le nostre maggiori specialiste di narrativa, editor e curatrice di illustri autori italiani del Novecento, da Giorgio Bassani ad Alda Merini, cura un libro-gioiello, “I viaggiatori del cielo. Omaggio a Maria Corti”, pubblicato da Mattioli 1885, nel quale una rosa pregiata di autori, legati a Corti professionalmente o personalmente, la raccontano attraverso episodi chiave del rapporto con lei.
Mille dimensioni
Critica e consulente letteraria, filologa, linguista, scrittrice, illustre dantista è difficile appiattire in una sola dimensione la figura di questa letterata. Corti era un’intellettuale polifonica che ha lasciato segni tangibili del suo metodo di studio e del suo entusiasta e curioso approccio umanista sia nella formazione di Riviste (Strumenti critici e Alfabeta) che, soprattutto, nella creazione del Fondo manoscritti di autori e moderni e contemporanei di cui avviò la costituzione tra il 1968 e il 1972, all’Università di Pavia, dove insegnò per molti anni. È dunque grazie a lei se oggi possediamo il più grande archivio tramite cui ricostruire la poetica di numerosi tra i più importanti autori della nostra letteratura. Maria Corti era convinta che disporre delle prime bozze del lavoro di un autore, degli autografi, delle pagine incompiute potesse restituirne l’autentica visione artistica. Un’illuminata studiosa della “vita prenatale dei testi”, la chiamava Contini e così la celebra Gian Luigi Beccaria nel libro. Ricorda Benedetta Centovalli: “Per Maria Corti […] sono gli scrittori che raccontano le sorti dei loro testi, viaggiatori mentali dentro e fuori di loro”. “Viaggiatori del cielo”, li chiamava in uno dei suoi libri di narrativa, Ombre dal fondo, alla stregua dei personaggi volanti dipinti da Chagall, mutuando la definizione da Bachelard.
Amicizie, donazioni, scoperte
La vita, tutta dedicata alle lettere, è racchiusa tra le pagine dei suoi libri in cui restituisce ritratti e rapporti di amicizia con scrittori prestigiosi come Manganelli, Montale, Romano Bilenchi, che le donarono personalmente i propri manoscritti da inserire nel Fondo, e poi Alberto Arbasino, Umberto Saba. Corti recuperò, salvandolo dal macero, tutto l’archivio manoscritti di Bompiani, così come acquistò i manoscritti di Amalia Rosselli, l’intero carteggio tra Italo Calvino ed Elsa De Giorgi, che rappresenta forse “l’epistolario d’amore più suggestivo del Novecento italiano”. E ancora, il poderoso archivio Carlo Levi, gli scritti primigeni di Foscolo, le carte di Gatto, Giorgio Guerra, Mario Luzi, Franco Fortini, Bufalino, Luigi Malerba, Goffredo Parise, Flaiano, Rigoni Stern, Volponi, Porta. Possiamo dire che tutto il patrimonio letterario italiano più significativo è passato per le mani rigorose e vigili di Maria Corti che lo hanno raccolto e reso disponibile per sempre alla volontà e passione di chi ancora oggi vuole lavorarci. Fu anche colei che individuò nuove voci, talenti, intersecando il futuro con il passato, arricchendolo di figure chiave. È il caso di Alda Merini. Lei, che la conobbe in primis come la passione irrefrenabile di Giorgio Manganelli, il primo a occuparsi delle sue psicosi, ne comprese il grande valore artistico. Ricorda Paolo Mauri nel libro, fu durante un incontro a casa di Malerba che gli parlò di questa poetessa, validissima, eppure trascurata, chiedendogli dove potesse valorizzare le poesie già scritte in manicomio. Mauri, co-direttore assieme a Malerba della rivista “Il cavallo di Troia”, le ospitò nel numero 4 con una nota della stessa Corti intitolata Follia&Poesia. È a lei, dunque, che dobbiamo l’avvio della nuova stagione per la poetessa che la portò, poi, alla notorietà di massa.
Ironia e audacia
Maria Corti è ricordata come una donna ironica, anche nei suoi scritti, spesso pungenti, nel racconto di alcune sue iniziative “discole” come quella di cui fece vittima Umberto Eco all’epoca della pubblicazione del Pendolo di Foucault. Si sorride, durante la lettura.
Una segnalazione particolare mi sento di farla al ricordo di Anna Grazia D’Oria, intitolato Un inizio burrascoso, per la capacità di restituirci innanzitutto la caratura umana della donna Corti cui conseguiva la generosità professionale. L’ardore che metteva nello studio, ricorda D’Oria, la “rendeva audace nella scrittura e travolgente nelle polemiche. Tutte cose cuore e mente, volontà che lei viveva con l’entusiasmo e la voracità della scoperta, con un amore della vita che molti le hanno davvero invidiato”, citando la sua allieva ed erede alla direzione del Fondo Manoscritti, Maria Antonietta Grignani in Scritture e immaginazione. E, ancora D’Oria, parla del suo ultimo lavoro, incompiuto, che avrebbe voluto fermare l’attenzione sulla fatalità tragica di amori femminili, parlando di donne che avevano pagato il coraggio di vivere e sostenere un’opinione con la vita. Voleva portare alla ribalta storie femminili coraggiose che avevano superato il perbenismo e il conformismo.
Tutti gli autori raccontano l’inevitabile sovrapposizione del rapporto professionale a quello personale perché Corti era una professionista empatica, aperta, altruista, entusiasta, che amava tramandare la sua professione ai nuovi talenti, integralista del ragionamento speculativo. Il gusto di indagare, risalire il più possibile all’origine della spinta creatrice di un autore, per catturarlo a tutto tondo le guadagnò il buffo appellativo di Perry Mason della letteratura italiana.
Da Dante agli Skiantos
È difficile definire o categorizzare Maria Corti a ragione degli interessi letterari poliedrici e multifocali come la sua formazione di base. Prima filologa e poi filosofa, ebbe illustri maestri come Terracini e Banfi da cui prese il meglio dell’insegnamento, mettendolo a frutto nel coniugare passato e futuro grazie al talento personale fatto di forti intuizioni.
Descritta dagli autori di questo omaggio, come donna vivace, amante della vita, irrequieta e curiosa, la sua accoglienza intellettuale, così mi viene di definirla, le permise di spaziare, nella sua fervente attività speculativa, da Dante agli Skiantos ai quali dedicò lo stesso approccio analitico in approfondimento delle trasformazioni culturali italiane nel campo della canzone.
Degno di nota è il ricordo della Corti scrittrice, con il prezioso il racconto in Appendice intitolato Erbonne, prova della finezza linguistica e genialità narrativa di scrittrice.
Un libro gioiello che va letto e onorato come tutte le iniziative che fanno uscire dal buio personalità autorevoli che, pure attraverso la memoria, possono ancora contribuire a un’evoluzione piena e consapevole della cultura italiana. Noi, generazioni di questa sofferta epoca di transizione in cui il passato sembra ormai scindersi dalla memoria, abbiamo bisogno di consapevolezza del valore della nostra tradizione culturale.
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