“Una vita tra le nuvole” di Gerald Murnane, tra poesia, sogno e realtà, è quanto di più vicino al romanzo tradizionale si possa trovare nella produzione dello scrittore australiano. Cattolicesimo e adolescenza tormentano il giovane Adrian, dedito in modo certosino all’autoerotismo, e poi a un amore platonico. Il filo conduttore? Un senso di colpa permanente…
Un evento. La pubblicazione di un libro, il terzo in Italia, di Gerald Murnane, è da ritenersi un evento perché regala un altro tassello di un mosaico rimasto a lungo sconosciuto alle nostre latitudini, una parte di un’opera complessiva da ritenersi affascinante e incantevole a giudicare da quello che è stato pubblicato finora dalla casa editrice Safarà (quella di Alasdair Gray, Ofeigur Sigurdsson, Amparo Dávila, Marie-Claire Blais), sempre grazie alla traduzione di Roberto Serrai. In bravi o famosi scrittori australiani gli italiani si sono imbattuti anche in anni recenti, ma nessuno di loro – da Markus Zusak a Peter Carey, da Richard Flanagan a Joan Lindsam, da Tim Winton a Dorothy Hewett, al mitico Gregory David Roberts – ha il quid di questo “patriarca”, nessuno ha sprigionato il clamore che c’è attorno all’ottuagenario Gerald Murnane. Nessuna osa come lui in termini di materia letteraria, “esplosività” di pensieri e parole.
Ormoni e religione
Mettete da parte le notizie vere e le leggende metropolitane, alimentate dallo stesso autore nato a Melbourne. Lasciate stare le candidature al Nobel, l’autoisolamento in un minuscolo villaggio, la ritrosia per computer e dintorni. Non è da questi particolari che si giudica uno scrittore. Prendete, invece, le pagine migliori del suo nuovo, almeno in Italia, romanzo, Una vita tra le nuvole (243 pagine, 18 euro). E vi renderete conto di avere a che fare con un classico vivente. E pazienza se ha annunciato (lui non nuovo a pause di riflessione lunghe anche anni, prima di riprendere a scrivere e a pubblicare) di aver concluso la propria carriera di autore, almeno di narrativa. La sua bibliografia è abbastanza vasta e tanti sono ancora i titoli da tradurre. In Una vita tra le nuvole, ambientato parecchi decenni fa, si intrecciano un’educazione sentimental-sessuale e una cattolica, relative allo stesso ragazzo, Adrian Sherd, abbastanza goffo e tormentato. Oltre che speranzoso di trovare una giustificazione al suo costante… autoerotismo.
All’epoca di Gesù, gli ebrei erano diventati parecchio reticenti nelle questioni di sesso. Era difficile giudicare quanto fosse raro o diffuso il peccato solitario ai tempi del Nuovo Testamento. Gesù non ne parla mai. Adrian però sperava sempre che un giorno qualcuno trovasse un Vangelo apocrifo o un rotolo del mar Morto con l’apologo del “Ragazzo sorpreso ad abusare di se stesso”.
Dive di Hollywood e senso di colpa
Adrian è un adolescente di metà anni Cinquanta, cresciuto alla periferia di Melbourne e in una scuola cattolica (un po’ come l’autore, a un certo punto finito anche in seminario…). Le sue avventure, anche mentali, le sue picaresche fantasie sono spassose e irriverenti, come lo sono, più avanti nel romanzo, i dialoghi delle prime notti di nozze con la moglie. Ha una grande immaginazione e, guidata da essa, da ragazzo “viaggia” per gli Stati Uniti, vagabonda o va a caccia di donne americane, pensandosi come il protagoniste di avventure con le dive di Hollywood. Con un senso di colpa permanente che lo turba, anche per la storia platonica e castissima che vive con una ragazza, prima vista in chiesa, poi in treno: inizialmente la ribattezza “il mio angelo”, poi scoprirà che si chiama Denise, destinata infine a essere sua moglie…
Poteva accennarle a come gli avesse cambiato la vita e lo avesse salvato dall’infelicità. Nella sua innocenza, tuttavia, non avrebbe mai immaginato la sporcizia dalla quale lo aveva soccorso.
Forse tutto a soqquadro?
Non troverete fra queste pagine dallo stile asciuttissimo le allegorie del suo capolavoro esile, Le pianure, ma quanto di più simile a un “romanzo tradizionale” – pur tra poesia, sogno e realtà – possa sgorgare da una penna come quella di Murnane. Mettere piede nell’universo di questo scrittore ormai classico significa leggere frasi cesellate con cura, sfidare la monotonia di certe vite e paesaggi australiani, scoprire, nella parte conclusiva del libro, che tutto quello che si è appreso fin lì va forse messo a soqquadro. Se non stupiscono e spiazzano, del resto, gli scrittori non sono degni di questo nome…
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