Con “Giochi di ombre” Daniela Dawan ha scritto un romanzo di formazione fantastico-onirico, con intento didattico. Quattro liceali, in una casa misteriosa, alle prese con visioni ultraterrene e concrete, vissute con cuore e ragione
Il libro di Daniela Dawan, Giochi di ombre (204 pagine, 14 euro), pubblicato da Giunti, è un romanzo di formazione, pertanto molto adatto alla lettura dei giovani e degli adolescenti, ma anche degli adulti che magari, nonostante l’età, non hanno compreso appieno il percorso da seguire nella loro vita, infatti attraverso un contenuto in buona parte fantastico-onirico viene proposto un insegnamento su cui tutti dovremmo fondare la nostra vita e che può essere sintetizzato nell’insegnamento del monaco Gunotto che, vissuto ai tempi dell’Inquisizione, rischiava la condanna al rogo poiché credeva nella filosofia di Giordano Bruno, se non avesse deciso di andare via e scomparire da quel contesto. “La magia e la realtà sono legati. Se ci credi è magia, sei tu che lo fai esistere credendoci. Se non ci credi è realtà”, dice il giovane Antonio rifacendosi e facendo suo il principio etico-morale proposto dal suddetto monaco.
Una botola…
Il ragazzo invita Nina, Omar ed Olivia, suoi compagni di liceo a trascorrere un weekend a casa di sua zia Delfina, nel palazzo presso cui anche lui abita. La sontuosa dimora è un ex convento dei benedettini e presenta nel seminterrato una botola, aperta la quale i quattro liceali s’immettono nei sotterranei, ove vivono visioni magico-reali, storico-fantastiche, insomma ultraterrene e concrete, vissute con il corpo e la mente, con il cuore e la ragione. Ma da tale esperienza surreale ne escono rinnovati, avendo compreso, come si potrebbe dire parafrasando come Gunotto, che nella vita bisogna accettarsi e credere ai propri sogni, alle proprie magiche aspirazioni perché se ci credi, le fai comunque esistere, credendoci.
La stessa peste di… Manzoni
Sono tantissimi i romanzi di formazione, ma basta ricordare solo I Promessi sposi che, oltre ad essere un romanzo storico, è sicuramente inseribile anche in tale genere. Anche Giochi di ombre è inseribile nel suddetto genere, ma ad indurre il lettore al suddetto accostamento più che ad altri romanzi di formazione, quali, ad esempio, Il cacciatore di aquiloni di Hosseini, Chiamalo sonno di Henry Roth, ecc., è la presenza in entrambi i romanzi della narrazione della peste del 1630, sebbene Daniela Dawan non propone l’ampiezza descrittiva presente nel romanzo manzoniano, anche perché non è anche un romanzo storico, ma fantastico-realista o meglio surrealista, in cui la narrazione accede ad una realtà superiore, onirico-fantastica, per fare emergere poi alla fine una valenza didattico-formativa. Lo stile è chiaro, limpido, la struttura lineare, ma caratterizzata da una sorta di flashback spazio-temporale che separa la vita terrena da quella nei sotterranei del palazzo, ex convento benedettino.
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