Una storia di amore e violenza nella Istanbul di Erdogan. Ne “Gli ospiti”, opera seconda di Marco Magini, con stesso coraggio e scrittura più controllata del debutto, si racconta della deriva più che autoritaria della Turchia, di un amore difficile, delle proteste che illusero una generazione…
Il toscano Marco Magini, classe 1985, si conferma uno degli scrittori italiani meno… italiani. E non certo per l’ambientazione delle storie che scrive o perché, da tempo, per motivi prima di studio e poi di lavoro, vive lontano dalla penisola (ora a Londra, in precedenza in Svizzera). Principalmente perché non teme di confrontarsi con eventi abbastanza recenti che però hanno già fatto la storia. Dove lo avevamo lasciato? Al suo romanzo di debutto, che aveva ricevuto una menzione al premio Calvino 2013 ed era stato pubblicato da Giunti, Come fossi solo. Quella è una storia sul cuore ferito dell’Europa. l’ex Jugoslavia, a partire dal massacro di Srebenica, con l’uccisione di migliaia di musulmani bosniaci, soprattutto civili; un romanzo di esecuzioni sommarie ed efferatezze, sull’ambiguità e sulla banalità del male, un’indagine spietata sulla natura umana nei suoi peggiori recessi, attraverso le coscienze spente di tre personaggi, un giudice, un casco blu dell’Onu, e un soldato serbo-croato della milizia serba (figura realmente esistita).
La rivolta repressa
Affinché Magini (nella foto tratta dal suo sito ufficiale) si ripetesse e tornasse a pubblicare è stato necessario attendere parecchi anni. Adesso è di nuovo in libreria – ha cambiato editore, non più Giunti ma Solferino – con Gli ospiti (158 pagine, 16 euro), dedicato alla moglie Ekin, turca come la protagonista del libro. In un periodo in cui il “padrone” di tutte le Russie, Vladimir Putin, si sta rivelando incontrovertibilmente per quel che è, confermandosi despota che reprime oppositori e chiunque dissenta dalla linea, oltre che un guerrafondaio, Magini ci ricorda che poco lontano dagli attuali scenari di guerra c’è un altro dittatore (a dar retta anche anche al nostro premier Mario Draghi…), ovvero Recepp Tayyip Erdogan. Proprio nella sua Turchia ci catapultano le pagine del nuovo romanzo di Magini, e in particolare nel cuore di un evento, la rivolta repressa di Gezi Park, un punto di non ritorno per l’ex sindaco di Istanbul che è al potere del Paese dal 2003. Nel 2013 la repressione con morti e feriti, a Gezi Park (“poco più verde di un viale alberato, una strada pedonale delimitata da qualche albero”), fu l’inizio della fine, una svolta negativa; da lì in avanti è stata un’escalation contro gli oppositori politici e i giornalisti liberi, tutti o quasi alle prese con intimidazioni e arresti.
Il precipizio dietro le apparenze
Nel prologo Ipek, la ragazza (“impetuosa, assoluta, priva di compromessi”) del trentenne italiano (qualche indizio che sia una proiezione dello stesso autore c’è…) che racconta la storia, è in un letto d’ospedale, è una delle ferite della repressione a Gezi Park. Lui si è trasferito in Turchia per amore, dopo averla conosciuta a Londra.
Se c’era una distanza fra noi, e se c’era una differenza, a Londra non esisteva. Eravamo innamorati e tutto era bello.
La Turchia vitale e in qualche moderna che appare inizialmente in questo romanzo gradualmente cede il passo ad altro. La prima ad accorgersene è Ipek, che non si fida delle apparenze, dell’economia galoppante, dei plausi che arrivano da più parti a livello internazionale. E mette in guardia il suo uomo, giudicandolo ingenuo, perché vede piccoli e grandi segnali che conducono in altra direzione, c’è un potere spregiudicato e ramificato, la Turchia comincia a essere in una morsa.
“Non hai la minima idea di cosa potrebbe diventare questo Paese. Sei nato in Europa, hai vinto la lotteria biologica, vieni qua e in pochi mesi ti credi esperto della nostra storia”.
L’amore per una ragazza e per una città
C’è l’amore per una ragazza, quello per una città, ma è la violenza, prepotentemente, a venire a galla, a cominciare dal post-partita di un derby finito in parità tra Fenerbahce e Besiktas, con i poliziotti ad accanirsi sugli ultras e non solo. La violenza ha la meglio su tutto, anche nel giorno dei giorni, a Gezi Park, quando Erdogan minacciava la guerra civile e i soldati erano aizzati contro la folla, affinché agissero spietatamente, contro chi credeva fosse possibile cambiare il corso delle cose.
Un’umanità che si era fino ad allora sentita sola e sconfitta di colpo si scopriva moltitudine.
Tutto pareva possibile.
Con una scrittura più matura e controllata rispetto al primo libro, ma col medesimo coraggio, Magini, in un testo che è anche un romanzo d’amore, si confronta con la violenza, il suo è un messaggio universale, rivolto non solo a chi è oppresso, ma anche a chi non si rende conto del bene più prezioso solo perché l’ha davanti al proprio naso, la libertà.
È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti