Zupin: “Scrivo di nostalgia e amori che si trasformano”

Non passa inosservato l’esordio di Francesca Zupin, “Salvamento”, romanzo di formazione e storia d’amore, ambientato nella Trieste della sua adolescenza. “La stesura, a intermittenza, è andata avanti un decennio. Il significato del titolo è una salvezza minuscola, imperfetta. La mia città non è il salotto di Saba, Svevo o Joyce. Ricordo Sally Rooney? Non sono una sua grande fan”

Un debutto di valore, una voce molto promettente. È quella di Francesca Zupin, triestina, che vive e lavora in Medio Oriente. Il suo Salvamento (416 pagine, 18 euro), pubblicato da Bollati Boringhieri, è un romanzo di formazione, una storia d’amore che affonda le proprie radici nell’adolescenza e si trascina fino alla maturità. Il protagonista è Giulio, ragazzino che si innamora di Stella, figlia della nuova compagna del padre rimasto vedovo. Sono “quasi fratelli”, ma il rapporto tra i due è impari, per forza di cose ambiguo, a tratti burrascoso. Stella è una ribelle, attratta dal rischio, perennemente insoddisfatta. Tutto il contrario di Giulio che ama i libri e non riesce neppure a farsi amare dal padre. E poi c’è Bobo, il terzo incomodo: brillante, furbo, accattivante. Stella farà le sue scelte e ne subirà le conseguenze, tra silenzi, rimpianti e nostalgie.

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Francesca, partiamo dal titolo: “Salvamento”, una parola desueta e allo stesso tempo evocativa. Perché questa scelta?

Salvamento è una parola strana, tanto che Giulio, il narratore, è convinto che Stella, la ragazzina di cui è innamorato, se la sia inventata di sana pianta. Invece esiste: dalle mie parti si trova ancora sulle canottiere dei bagnini o sulle barche di salvataggio degli stabilimenti balneari. Perché l’ho scelta? Volevo parlare di quello che ci salva, certo, ma la Salvezza biblica – quella con la maiuscola, riservata a pochi Eletti – non era adatta. Il salvamento, per me, è una salvezza minuscola, meno roboante e selettiva. Una salvezza imperfetta, ma a portata di mano per tutti coloro che sanno coglierla – anche se non sono i Giusti ma, semplicemente, quelli un po’ buoni e un po’ cattivi. Come i protagonisti di questo romanzo e come, credo, tutti noi”.

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Parafrasando Venditti, possiamo dire che Salvamento è una di quelle storia d’amore che fanno giri immensi e poi ritornano. Ma “l’amore è bello solo in teoria”?

“Quando ritornano, gli amori non sono gli stessi di prima, perché non lo siamo noi. E gli amori di Salvamento non fanno eccezione: perdurano, è vero, ma si trasformano, trovano nuove forme, e soprattutto diversi significati. Forse è così, l’amore è “bello” solo in teoria, ma quando si concretizza può essere molte altre cose: solido, potente, sbrindellato, passionale, schivo, trascinante, progettuale, perturbante, leggero, totalizzante, ispiratore… E parlo dello stesso amore, perché, di nuovo, ciò che cambia siamo noi”.

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Uno scrittore mette sempre qualcosa di sé nei propri personaggi: a chi ti senti più vicino, al pacato e salvifico Giulio o alla ribelle, eternamente insoddisfatta, Stella? O forse all’accattivante e determinato Bobo?

“Ho sempre risposto, di getto, che il personaggio in cui mi identifico di più è Stella. Se non sono uguale a lei, almeno lo sono stata, e questo è un giudizio non proprio – o almeno non solo – lusinghiero. Come Stella ho tenuto molti bronci, costruito molti idoli, distrutto molte buone intenzioni, indossato i Martens e amato gli artisti, a volte, più delle persone vere. Ho idealizzato troppo, e sbattuto la faccia. Quanto la capisco! Eppure c’è anche qualcosa di Giulio, in me. Qualcosa di fondamentale: lo sguardo sugli altri e sul mondo. Uno sguardo che ha permesso a entrambi di trovare un mestiere, e un rifugio, nella scrittura”.

Da cosa nasce l’esigenza narrativa di forgiare un io-narrante al maschile e quanto è stato difficile immedesimarsi in un ragazzo?

“Non ho pianificato di raccontare questa storia da un punto di vista maschile. È nata così, mi si è imposta così sin dalle prime righe. Come accennavo, sono abituata ad osservare molto gli altri, e forse per questo immedesimarmi in un ragazzo non mi è parso difficile. Ho evitato, anzi, di caricare la narrazione di troppi elementi che sottolineassero che a parlare era un maschio: a cosa sarebbe servito, se non ad appesantire e rendere fittizia la voce? Siamo tutti molto più simili di quel che ci raccontano: i pensieri, le emozioni, le paranoie e i sogni non hanno genere… soprattutto a tredici o a diciassette anni”.

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Due elementi che nel tuo romanzo hanno quasi la stessa importanza dei personaggi sono il tempo e Trieste: che rapporto hai con il tuo passato, con la tua adolescenza, e con la tua città?

“Potrei fare come Stella e rivelare che per alcuni versi la mia adolescenza non è mai finita, ma mi limiterò a rispondere che per me è stata un periodo fondante, e proprio per questo ho voluto che occupasse la parte centrale della storia. Sono legatissima al passato, e al sentimento stesso della nostalgia, indissolubile dal concetto di desiderio. Sono stata nostalgica dai sei anni in su, ma cerco di combattere questa indole restando curiosa e aperta al nuovo, anche nell’approccio alla letteratura e alla musica – avere una figlia pre-adolescente mi aiuta molto! Con la mia città ho lo stesso tipo di rapporto contraddittorio: da un lato la mia voglia di scoprire e scappare mi spinge lontano, dall’altra la mancanza mi riporta sempre a casa. Non avrei potuto ambientare Salvamento in alcun altro luogo, e la Trieste che ho descritto è proprio la mia: non un topos letterario, non il salotto di Saba, Svevo o Joyce, ma quell’insieme di strade, scuole, caffè e panorami che hanno ospitato la mia giovinezza, la mia storia”.

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«Un libro che ricorda le atmosfere di “Persone normali” di Sally Rooney»: è stato detto e scritto più volte a proposito del tuo romanzo: immagino sia un complimento per te, ma concordi? 

“Mmmh… Non sono una grande fan di Sally Rooney, lo posso dire? Credo che siamo molto distanti per stile e sguardo, anche se abbiamo in comune uno spiccato interesse per vivisezionare le relazioni umane – e non è poco!” 

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Per chiudere, quali autori o quali romanzi ti hanno guidata e ispirata, nella stesura della tua storia?

“La stesura di Salvamento che, a intermittenza, è andata avanti per più di dieci anni, è stata, più che ispirata, accompagnata dai miei autori di riferimento: su tutti, Proust e Karl Ove Knausgaard, a cui i lettori più attenti non mancheranno di trovare un omaggio nascosto nell’ultima parte del libro. Amo poi molto la letteratura nordamericana: Salinger, Malamud, Roth, Strout, Faulkner, Fitzgerald, Franzen, Capote, Safran Foer, King. E i canadesi: Richler, Munro, Cohen…Sì, proprio quel Leonard Cohen tanto amato da Giulio, Bobo e Stella per le sue canzoni spaccacuore, che è stato anche poeta e romanziere capace di meraviglie”.

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