Una donna scomparsa, il marito che inizia a cercarla un anno dopo, squarci sul loro passato, sull’apparenza di un matrimonio perfetto, su una maternità che da trampolino per la vita si trasforma in un cappio. Il debutto di Mattia Corrente, “La fuga di Anna”, lancia domande universali…
Una moglie che è sparita, un’isola da lasciare e da cercare, un viaggio che è insieme ricerca e storia all’indietro. La fuga di Anna (260 pagine, 16 euro), esordio alla narrativa del siciliano Mattia Corrente pubblicato da Sellerio, è un romanzo di libertà, costrizioni, di lacci e di fughe. Al centro di tutto – il titolo avvisa – ci sono Anna e la sua scomparsa apparentemente inspiegabile. Donna di una certa età, Anna è la moglie di Severino Greco, il co-protagonista di un testo che vede alternarsi capitolo dopo capitolo voci, tempi e punti di vista diversi, in un intreccio di storie a vari livelli temporali che ricostruisce un affresco più esteso, diventando storia familiare.
Rimorsi sepolti e misteriose scomparse
È una storia a ritroso, quella di questo romanzo. Si apre con Severino, settantenne immalinconito, che decide di lasciare Stromboli per mettersi in cerca della moglie Anna, scomparsa un anno prima. Severino racconta al presente in un immaginario dialogo con Anna, mentre ripercorre i luoghi che li hanno visti ragazzi, coppia giovane e poi matura, tra Ortigia, Tindari e Patti. Dall’isola scelta come rifugio per i due pensionati inizia non solo la ricerca di Severino, ma il viaggio del lettore, condotto tappa dopo tappa alla scoperta della storia familiare che ha unito Anna e Severino in un matrimonio felice e sereno solo di facciata.
Anna ricompare così ragazza, molto prima della fuga che scatena gli eventi del libro: è seguendola e vivendone sentimenti ed emozioni che apprendiamo della precedente scomparsa del padre, assente il giorno del matrimonio e per tutta una vita. Terza voce del romanzo, il padre parla dalla sua storia passata quasi come se non avesse legami con Anna e la sua fuga, e fornisce le tracce di un mistero che si scioglierà solo all’ultimo.
Siamo però nella Sicilia del dopoguerra e la vita di chi resta, una madre con due figlie da sposare e sistemare, a volte anche contro la loro volontà, è interamente condizionata dall’assenza del pater familias. Ecco allora che quello che sembrava un matrimonio felice scopre il suo incastro storto: tappa dopo tappa Severino e il lettore inseguono i sì forzati di Anna, i muri costruiti per apparenza, le concessioni confermate per obbligo sociale. Tappa dopo tappa la vita di Anna e Severino si rivela per la gabbia che è stata: un’accettazione rassegnata per Anna, un quadro di felicità per il conformismo di Severino, illuso o forse solo figlio del suo tempo, ma per entrambi un grumo di rimorsi che ne svela debolezze e lati oscuri, e il cui veleno riverbera nel tempo, nelle pieghe degli eventi, condizionando le vite di tutti.
Storia di una maternità
Ma La fuga di Anna è anche la storia di una maternità raccontata con sorprendente intimità nella complessità di relazioni, traumi ed errori di una madre che non era pronta, o che, semplicemente, non avrebbe voluto essere madre. Dapprima non voluta, la maternità di Anna si fa apparentemente impossibile, ancora surrogata e accettata per dovere, quasi una forzatura, fino a quando non diventa miracolo da accogliere con un amore che da trampolino per la vita si trasforma in un cappio, ribaltando i ruoli dei protagonisti, le loro aspirazioni e storie, e aprendo un ennesimo spaccato familiare su cui ragionare.
Assente, eppure cardine della storia, Anna è il personaggio principe del romanzo: bambina ribelle, ragazza che ambiva alla libertà, adulta resa miope dall’immobilità autoimposta e dalle colpe subìte per interposta persona. “Tu avevi già deciso che nessuna forma d’amore sarebbe riuscita a bastarti. Ti saresti nutrita di mancanze” ben osserva Severino a un certo punto. Meno per meno, a volte, non fa più ma un meno ancora più marcato, che nella maternità realizza l’impronta delle sue mancanze, protraendo un disagio che in questa storia sembra tramandarsi di generazione in generazione. Il nocciolo è la colpa atavica, trasmessa quasi per Dna di padre in figlia e travestita da finta libertà, un impedimento a muoversi e realizzarsi che si riproduce identico a se stesso finché la catena si spezza, il matrimonio si rompe, un telefono suona senza risposte.
Sulla libertà e i sogni dimenticati
A colpire, in questo romanzo di Mattia Corrente, è l’intreccio ben orchestrato delle tre soluzioni narrative, il loro rimandarsi senza sovrapporsi mai, in un percorso che ricuce gli strappi della storia e la restituisce sfaccettata e complessa. È notevole l’empatia con cui Mattia Corrente dipinge Anna, la sua scalpitante voglia di esplorare la vita e l’irruento amore mai realizzato che si trasforma nello specchio peggiore di sé. Ma è scolpito a tutto tondo anche Severino, la mitezza che sconfigge il tempo e non si arrende nemmeno davanti all’implosione di un sogno illusorio. Nel suo viaggio, nella sua ricostruzione e nella sua presa di coscienza, Severino perde il grigiore della vigliaccheria e abbandona gli “avrei potuto” della malinconia. Partito con la speranza di trovare la “sua” Anna, scopre lungo il viaggio un’altra Anna fatta di oggetti, pensieri e scelte che non ha mai condiviso. E, svelando lei nell’assenza, ritrova un sé sopito: Seve, il ragazzo con tanti sogni dimenticati lungo la strada.
«La libertà è pericolosa, non cambia le cose solo per te ma pure per gli altri» è la riflessione ricorrente in questa storia: libertà come condanna, mostro dai due volti, madre e matrigna. Leva di un effetto domino incapace di trovare riposo, l’anelito a incarnare la versione più autentica e vera di sé si rovescia sugli altri incatenandoli, o cercando di farlo. La scelta di Anna di andarsene via svela travestimenti di persone e sentimenti, offre risposte scomode senza chiedere scusa, porta a galla nervi scoperti, colpe mai curate, autenticità negate, attese che diventano ripartenze.
Cosa accade alla vita delle persone quando la libertà viene repressa per la scelta vigliacca e sciocca di non deludere le aspettative e i desideri degli altri, sopprimendo i propri? Quali sono le conseguenze dell’essere se stessi o del pirandelliano recitare una parte, impostori della propria esistenza? Mettendo in scena sul palcoscenico di un dramma familiare Anna, Severino, Peppe, Serafina e tutti gli altri personaggi, Mattia Corrente racconta i nodi rimasti irrisolti tra passato e presente in un romanzo che lancia domande universali.
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