Personaggi fragili e un disfacimento familiare fanno capolino in “Nessuno ha dato la buona notte”, libro di Enrico Pompeo dalla prosa asciutta e che non cerca scorciatoie. Distruzione completa o rinascita? È il quesito dell’ultima pagina…
Prosa asciutta. Sintassi diretta. Ritmo spietato. Trama incalzante. Questi i quattro punti cardinali de Nessuno ha dato la buonanotte (208 pagine, 13,90 euro), ultima fatica di Enrico Pompeo, edita da MdS Editore. Tra le mani uno di quei libri che non si perde in chiacchiere, che non cerca scorciatoie o che, al contrario, non si annacqua in pagine pastose di nulla assoluto. Qui ogni parola è misurata, precisa, calibrata.
Zone d’ombra e tensione
L’intera grammatica, lineare e pungente, avvince il lettore, tirandolo dentro una narrazione in cui si assiste ad un lento disfacimento familiare, simile a quelle vecchie pareti da cui, giorno dopo giorno, si staccano pezzi di intonaco. Le pericolose fragilità dei protagonisti, ciascuno con le proprie zone d’ombra di cui nessuno deve sapere, avanzano pagina dopo pagine, componendo un mosaico di situazioni dove la tensione contribuisce a ingigantire il battito cardiaco dell’opera.
Il finale aperto
Pompeo vede l’oscurità dove gli altri credono di scorgere la luce: ricorda al lettore distratto che “crescere consuma” e che le persone non si conoscono mai fino in fondo, anche perché nessuno conosce fino in fondo se stesso. Il finale aperto non interdisce l’immaginazione, ma anzi la solletica e la pungola: distruzione completa o rinascita?, è il quesito che rimane appeso una volta giunti all’ultima pagina. Come la vita che spesso, a fine giornata, ci lascia con questo interrogativo, quando si spegne la luce e nessuno ha dato la buonanotte.
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