“Con le radici in cielo” di Saul Israel è la saga di una famiglia ebraica di Salonicco, antico crocevia di coesistenza fra religioni, dispersa tra Francia e Italia, tra la prima e la seconda guerra mondiale. Un universo attraversato da varie tensioni, incapace di tuffarsi nel mondo contemporaneo (nelle sue componenti più tradizionali), che si sgretola sotto i colpi delle persecuzioni, fino all’apice dell’orrore, la Shoah
Anima speciale e uomo di multiforme ingegno era Saul Israel (padre di Giorgio, matematico di fama, scomparso qualche anno fa), nato a Salonicco, che ottenne la cittadinanza italiana poco più che ventenne e per tutta la vita esercitò la professione di medico, anche dopo le leggi razziali in forma clandestina; leggi razziali che di fatto ne avevano interrotto la promettente carriera universitaria, costretto a dimettersi dall’Istituto di Fisiologia Generale dell’università di Roma. In lui si fondevano cultura umanistica e scientifica, il suo era un ebraismo laico, con la tradizione sefardita della terra d’origine come punto di riferimento. Medico, biologo, studioso di storia delle religioni, ma ancora più, viene da dire, scrittore, nato nel periodo delle leggi razziali, scoperto molto tempo dopo, pubblicato postumo negli anni Ottanta prima da Adelphi, poi dagli Editori Riuniti (come dire dall’intero arco costituzionale), infine da Marietti 1820, che ripropone in una nuova edizione un affascinante romanzo autobiografico, non abbastanza conosciuto dai più. Chissà che questa riscoperta non sia il viatico per la pubblicazione di altri scritti inediti di Saul Israel, poliglotta che prima scriveva in francese e poi in italiano, saggi ma probabilmente anche un altro romanzo, sebbene di tutt’altro tenore rispetto a questo, con introduzione del nipote Paolo, Con le radici in cielo (XVIII + 258 pagine, 19 euro). Un libro, come in qualche modo nel suo titolo più famoso, il romanzo breve La leggenda del figlio del Re Horkham (Adelphi) la narrazione non è mai “nuda”, ma accompagnata da riflessioni, tesi, spezzoni saggistici, un’analisi dell’antisemitismo e in generale dell’odio che ha dilaniato il mondo nel ventesimo secolo e oltre.
Da patria amata a città straniera
Saul Israel ricalca e reinventa la storia della propria famiglia in una saga corposa ma non sterminata, densa, con un inizio spazio-temporale che, ahinoi, non coincide con la fine. La storia va avanti, deve continuare e l’idilliaca Salonicco dove sono cresciuti i protagonisti scomparirà gradualmente dal loro orizzonte, diventando una città “irrimediabilmente straniera”. La famiglia Yacoél, nome con cui Saul Israel mimetizza appena i suoi cari, appartengono alla grande comunità ebraica della città greca di Salonicco, una seconda Gerusalemme all’interno dell’impero ottomano, con tantissimi eredi, una maggioranza in città, degli ebrei sefarditi espulsi dalla Spagna nel 1492 e che per secoli continuarono a parlare castigliano nel cuore dei Balcani. C’è un formidabile controcanto saggistico a questo romanzo ed è Salonicco, città di fantasmi di Mark Mazower, pubblicato in Italia da Garzanti, che meriterebbe di essere ripubblicato: esemplare e magnifica è la ricostruzione di un mondo perduto, di una metropoli in cui c’era spazio per chiese, minareti e sinagoghe, splendidamente evocata è la convivenza delle tre grandi religioni monoteiste fino al Novecento, fino all’esplosione dei nazionalismi, prima furono perseguitati e cacciati i musulmani, divenuti turchi, e fino alla seconda guerra mondiale, ovvero fin quando la popolazione ebraica fu deportata nei lager nazisti.
Punti di vista diversi e crepe
La Salonicco ritratta da Saul Israel è una città dal futuro pericoloso, a cominciare dai suoi ebrei, con la terra che vacilla sotto i piedi. Lo capisce in fretta Giacomo Yacoél – la prima guerra mondiale esploderà di lì a poco – che parla accoratamente ai cugini e invoca un consiglio di famiglia, un faccia a faccia fra i venticinque membri della tribù Yacoél (poi effettivamente convocato, dai toni molto accesi, con uno scontro durissimo fra lo stesso Giacomo e lo zio Samuél), microcosmo di un universo ebraico che all’inizio del Novecento non era un blocco monolitico, piuttosto era attraversato da varie tensioni, costituito da parecchi punti di vista diversi.
Qui si dorme di un sonno secolare e senza sussulti; come se nulla fosse accaduto o stesse per accadere! Non vedete, non sentite avvicinare il cataclisma? L’Europa intera è in uno stato di irrequietezza pericolosa e noialtri, ebrei, non siamo più padroni di noi stessi in questa città nostra… fra poco ci troveremo in una situazione irrimediabile.
Saga di vecchi e giovani, di famiglie
L’inizio della dissoluzione dell’ebraismo tradizionale, al suo interno, è inquadrato nella prima parte del romanzo, Il crollo, a cui seguono una seconda, La dispersione, e una terza, L’Apocalisse. Molti dicono no al nazionalismo e lasciano Salonicco, gran parte della famiglia Yacoél si disperde fra Italia e Francia. Chi resta fa i conti con un lungo assedio nel corso della guerra, con una repressione antisemita già nel 1917, con un vasto incendio probabilmente doloso e, nel secondo conflitto mondiale, con le deportazioni naziste, che riguardarono circa quarantamila ebrei. Il protagonista osserva la fine della sua patria da lontano, dall’Italia, dove si è stabilito, facendo infine i conti con discriminazioni, coltivando qualche utopia, interrogandosi su cosa ne sarà dell’ebraismo nel mondo moderno (“Bisognava, per vivere fra gli altri popoli, parlare un linguaggio che riuscisse comprensibile al resto dell’umanità, bisognava parlare come tutti gli altri, fare politica, tanto più che già si commerciava”). Una storia di amori e disperazione, di intellettuali e crisi, di rabbini e scontri ideologici, una grande saga di vecchi e giovani, di famiglie.
… chi non ha ricevuto il sentimento religioso in famiglia e non lo ha perfezionato in essa, non riesce nemmeno a sapere di cosa si tratta. Il primo e più sacro tempio della religione è nel focolare domestico prima di essere nella sinagoga o nella chiesa. […] Fuori della famiglia Dio non è che un’arida astrazione che può avere anche la sua bellezza particolare ma si tratta di una bellezza priva di umanità; una bellezza tipicamente pagana fatta di simboli, di esorcismo e di scongiuri. È il Dio degli scapoli e degli atei.
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