Romanzo giallo, gotico, sociale, antropologico e per certi versi ottocentesco: è “La stazione” di Jacopo De Michelis, che ha imbastito una fitta trama narrativa. Uno dei motori del romanzo è il mistero di due bambini soli attorno alla stazione centrale di Milano. Un’immersione nel ventre della terra, a partire da un luogo in cui convergono migliaia di anime e si affastellano misteri, anche del passato. Uno conduce al tragico binario 21…
In gestazione per otto lunghi anni, La stazione (876 pagine, 19 euro), romanzo d’esordio di Jacopo De Michelis (Giunti, 2022), vede la luce in questo freddo gennaio, mese che fa memoria della Shoah e degli orrori dell’umanità contro se stessa. Il mistero di due bambini che si aggirano da soli intorno alla stazione centrale di Milano è uno dei motori del romanzo che vede protagonista l’ispettore Riccardo Mezzanotte, uomo inquieto dal passato irrisolto e dal presente turbolento, che si trova a doversi reinventare nelle fila della Polfer dopo aver denunciato una brutta vicenda di corruzione in seno alla Omicidi.
L’ispettore e l’universitaria
È in questo ramo della polizia, in questa nuova veste per lui troppo stretta, che Riccardo cerca di rimettere insieme i cocci della sua disordinata esistenza e a convivere, malamente, con i rimorsi e i rimpianti per il rapporto conflittuale con il padre, mito della polizia milanese negli anni della mala, ucciso in circostanze misteriose privando il giovane ispettore del sollievo della riconciliazione. A quella di Riccardo si affianca la storia di Laura Cordero, studentessa di Medicina, appartenente alla Milano bene, tormentata da quello che la nonna di lei chiamava “dono” e che le fa vivere come suoi i tumulti delle anime di chiunque incontri. Le vite dei due si intrecciano alla stazione, luogo in cui convergono migliaia di altre vite in movimento, e che catalizza al suo interno e nei suoi dintorni ogni forma di marginalità e devianza alla quale i due sono chiamati a rispondere per ragioni e in modi diversi.
Il mondo di sopra e quello di sotto
Questo romanzo giallo, gotico, sociale, antropologico e per certi versi ottocentesco, potrebbe quasi essere definito un roman-valise per la presenza di varie storie al suo interno, tutte ben tenute dalla fitta trama narrativa che De Michelis ha saputo costruire. L’autore ha cercato di riprodurre la complessità dell’edificio della stazione, con il suo mondo di “sopra”, visibile, transitorio e il mondo di “sotto”, brulicante di vite che il “sopra” non vuole o non sa vedere né trattenere. In questa sovrapposizione spaziale dei piani, i sotterranei della stazione diventano la realizzazione simbolica dell’autodeterminazione di chi, dopo aver perso tutto del mondo visibile, vuole ritrovare se stesso in una dimensione altra, celata, più solidale.
Omaggi a Ortese, Genna e Pinketts
L’immersione nel ventre della terra, con la sua forte carica simbolica, rivela se stessi anche ai due protagonisti, davanti ai quali si mescolano reale e soprannaturale, passato e presente, come si mescolano gli elementi primordiali dell’acqua e della terra che spingono Riccardo e Laura a dare spazio a quel destino che sembra scritto già nei loro nomi: le consonanti liquide del nome di Laura e le dure, gutturali di quello di Riccardo appaiono infatti come la realizzazione concreta di quegli elementi vitali. C’è da chiedersi se la forza che scaturisce dall’incontro di quegli elementi sarà capace di sciogliere tutti i misteri che si addensano attorno a loro e che risalgono lungo i fianchi della Storia fino al tragico binario 21 (da cui partivano i treni carichi di ebrei italiani diretti ad Auschwitz). Numerosi sono i richiami ad altri autori che della stazione di Milano hanno fatto il palcoscenico per i loro romanzi a cui lo stesso autore tributa onori: Ortese, Genna, Pinketts fra gli altri. De Michelis ne rielabora sapientemente le suggestioni regalandoci un’opera prima che potrebbe tranquillamente dar vita a una produzione seriale nel solco della tradizione del noir.
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