Integrare e arricchire la conoscenza, aggiungere sapere al sapere. L’obiettivo è di Rebecca Buxton e Lisa Whiting, curatrici de “Le regine della filosofia. Eredità di donne che hanno fatto la storia del pensiero”, albo illustrato e saggio filosofico, con venti ritratti di maestre del pensiero dimenticate, studiate parzialmente o poco approfondite
Una mattina di primavera appare su Le Nouvel Observateur quello che poi verrà ricordato come il Manifesto delle 343: una per una, dalla prima all’ultima, le voci delle donne che hanno abortito illegalmente. Il Manifesto è stato redatto da Simone de Beauvoir dal suo appartamento di Rue Schoelcher. È il 1971 e da oltre vent’anni Beauvoir riflette sulla condizione della donna, una riflessione nata dall’esigenza di capire se stessa e il suo percorso: “Se voglio definirmi, devo prima dire: Io sono una donna; tutte le altre affermazioni nasceranno da questa verità fondamentale”.
“Io sono una donna” è l’assunto, come ricordano le filosofe Geneviève Fraisse e Nancy Bauer, per il suo saggio filosofico ed esistenzialista, Il secondo sesso (ne abbiamo scritto qui).
Come con il Manifesto, vent’anni prima Beauvoir strappa il corpo della donna dall’incessante tentativo di oggettivarlo per inserirlo in una struttura (sociale e politica) dove il corpo e la voce femminili si determinano e si differenziano dall’Uomo.
Contro il giogo dell’invisibilità
Maura Gancitano, nella prefazione a Le regine della filosofia. Eredità di donne che hanno fatto la storia del pensiero (228 pagine, 25 euro), edito da Tlon, cita proprio Simone de Beauvoir e Il secondo sesso per mettere in luce quanta strada sia necessario costruire ancora affinché la voce delle donne in campo filosofico non venga più ignorata: studi, diari, resoconti, indagini ad opera e firma di donne sono stati spesso taciuti perché giudicati senza importanza, dichiarazioni di fragilità o follia inconciliabili con l’immagine della madre-angelo del focolare che per molto tempo la società ha riservato come unica possibile condizione. Eppure, è da questa costellazione che possiamo innalzare il pensiero femminile e liberarlo dal giogo dell’invisibilità.
Albo illustrato e saggio filosofico. Le regine della filosofia a cura di Rebecca Buxton e Lisa Whiting, arriva a noi in questa veste grafica consegnandoci venti ritratti di filosofe, solo un piccolo gruppo che fa parte delle Grandi donne (alla fine del libro una lista esaustiva) che non sono state inserite (dimenticate volutamente o meno) nei manuali di filosofia e nei corsi universitari dedicati al pensiero occidentale. I loro lavori sono stati parzialmente studiati e talvolta poco approfonditi contribuendo a una storia del pensiero incompleta, frammentaria, limitando la capacità critica e venendo meno a quello che dovrebbe essere il compito della conoscenza.
Lo raccontano le ricerche condotte da Buxton e Whiting, rispettivamente dottoranda a Oxford e ricercatrice al Centre for Data Ethics and Innovation. “Non c’erano studi su donne filosofe”, ha dichiarato Buxton al Guardian. “Abbiamo trovato un libro chiamato I grandi filosofi, dove ogni capitolo parlava di un uomo e ogni capitolo era scritto da un uomo (…) e recentemente, il filosofo A.C. Grayling ha pubblicato il libro The History of Philosophy che non include capitoli su donne filosofe”.
Tra Grecia e Cina…
Non era di questo parere Platone che ne La Repubblica parlava delle donne per natura predisposte e capaci di guidare le città-stato. Partono da questa affermazione Buxton e Whiting tessendo una ricerca sulla storia della filosofia attraverso le epoche per arrivare a domandarsi (e domandarci) se “le filosofe esistono oppure no? E se esistono perché abbiamo finito per dimenticarcele?”.
Diotima apre il saggio dedicato all’eredità delle filosofe del pensiero. È lei che dialoga con Platone sulla natura dell’amore e della bellezza e oggi noi possiamo leggere questo dialogo attraverso il Simposio. Zoi Aliozi, accademica, esperta di filosofia e diritto nonché attivista per i diritti umani, ci accompagna nella dimensione politica convergente il Simposio con La Repubblica illuminando il mistero sull’esistenza di Diotima di Mantinea perché siano da esempio la sua determinazione e il suo fulgore intellettuale.
La galleria di filosofe prosegue con il ritratto di Ban Zhao raccontata da Eva Kit Wah Man, professoressa di Religione e Filosofia alla Hong Kong Baptist University. Riconosciuta come la più grande intellettuale della Cina antica, Ban Zhao ha contribuito a portare a termine il Libro degli Han antichi come richiesto dall’imperatore He della dinastia Han. Oltre a questo incarico, Ban Zhao ha scritto poemi, elegie e saggi. Tra questi i Precetti per le donne è il primo testo dedicato all’educazione femminile composto nel 106 d.c. che resterà una pietra miliare nella storia della Cina antica.
Da Ipazia ai giorni nostri
Lisa Whiting ci introduce alla (ri)scoperta di Ipazia di Alessandria. Ho da sempre subito il fascino di Ipazia per via dell’attrazione verso l’iconografia di Charles William Mitchell, il quale immagina Ipazia pochi istanti prima della sua morte, un quadro che ricollego al corso universitario di arte moderna. Qualche anno dopo, nell’aprile del 2010, Ipazia diventa il soggetto del film di Alejandro Amenábar con la perturbante interpretazione di Rachel Weisz. La rappresentazione cinematografica viene ricordata da Lisa Whiting per aver trasformato la filosofa e scienziata Ipazia nella caricatura di se stessa ammantando di ombre il suo lavoro e contribuendo a dare rilievo al personaggio e scapito della persona. “Rimuovere questi strati per poterla apprezzare davvero”, scrive Whiting.
Si prosegue con la filosofa e poetessa Lalla narrata dalla professoressa dell’Università di Reading, Shalini Sinha. Lalla, ad oggi, è considerata una delle figure più influenti della regione del Kashmir. Vissuta nel 1300, Lalla si muove tra la filosofia sàiva non duale (legata al buddismo) e quella che poi è stata individuata come tradizione islamica sufi.
Tra la fine del 1600 e gli inizi del ‘700 incontriamo Mary Astell (di Simone Webb), il cui trattato di filosofia femminista, Una seria proposta alle signore, anticiperà di circa un centinaio d’anni Sui diritti delle donne di Mary Wollstonecraft (di Sandrine Bergès). Tra i ritratti appassionati che hanno l’obiettivo di ridare luce al lavoro di una donna straordinaria, come la dipinge la sua stessa biografa Helen McCabe, vi è Harriett Taylor Mill “troppo a lungo oscurata dalla statura accademica del suo secondo marito, John Stuart Mill”.
Procedendo nel tempo, incontriamo George Eliot (di Clare Carlisle), la quale, come Spinoza, “credeva che la conoscenza di sé portasse a una sorta di liberazione” e attraverso la narrativa ha dato il suo più valido contributo alla questione filosofica; Edith Stein (di Jae Hetterley) ingiustamente non riconosciuta nonostante il suo contributo al manoscritto Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo a cui ha lavorato con Edmund Husserl e Martin Heidegger, Hannan Arendt (di Rebecca Buxton) che rifiuta l’etichetta di filosofa ritenendosi una teorica politica; Simone de Beauvoir (di Kate Kirkpatrick, professoressa a Oxford, dove dirige gli “studi di Simone de Beauvoir” e autrice di Devenir Beauvoir: La force de la volonté edito nel 2020 da Flammarion); Iris Murdoch (di Fay Niker); Mary Midglay (di Ellie Robson); Elizabeth Anscombe (di Hannah Carnegy-Arbuthnott); Mary Warnock (di Gulzaar Barn); Sophie Bosede Oluwole (di Minna Salami); Angela Davis (di Anita L. Allen); Iris Marion Young (di Désirée Lim); Anita L. Allen (di Ilhan Dahir) e Azizah Y. al-Hibri (di Nima Dahir).
Le curatrici includono, a chiusura dei venti ritratti di filosofe, una lista di altrettante filosofe. Ne ho contate oltre un centinaio, tra cui (cito per affinità elettiva) Teresa D’Avila, Émilie du Châtelet, Lady Mary Shepherd, Simone Weil, Susan Sontag, Rosi Braidotti, Judith Butler.
Un punto di vista nuovo
Le regine della filosofia è il progetto, nato dall’intento di Rebecca Buxton e Lisa Whiting di dare voce e spazio alle donne filosofe, che ha spiccato il volo in seguito alla campagna di crowdfunding sulla piattaforma Unbound. La loro ricerca offre un punto di vista nuovo, ci permette di sistemarci in una diversa posizione per leggere la storia da una angolazione differente. Non si tratta di rinnegare ciò che è stato scritto in passato ma di integrare e di arricchire la conoscenza, di aggiungere sapere al sapere. Come rifletteva Beauvoir, siamo donne ma per definirci dobbiamo conoscere la nostra storia, la storia di chi ci ha precedute.
È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti