Un romanzo sul Sud del mondo, di vicende tumultuose e vibranti, di incoscienza, speranza, rinascita. In “Ninna nanna delle mosche” di Alessio Arena Berto lascia la Lucania per il Cile, in cerca del suo amore, Gregorio, da cui è stato diviso. Una storia avventurosa, con elementi magici e fiabeschi…
Musicista, traduttore dallo spagnolo, romanziere di grande fantasia e talento. Di Alessio Arena bisogna recuperare certamente il penultimo romanzo, La notte non vuole venire (ne abbiamo scritto qui), pubblicato da Fandango Libri. Rutilante reinvenzione di un mito napoletano di successo negli Usa, la sciantosa Gilda Mignonette: raccontata da una sua assistente mentre sono a bordo di un transatlantico, che le conduce verso l’ultimo approdo, Napoli. Già in quel romanzo Alessio Arena aveva messo a punto un congegno irresistibile, mix di realtà e immaginazione, per narrare miserie e glorie della famosa cantante – ricca, sposa infelice e tradita, schiava dell’alcol e col sogno, infranto, di diventare madre – nel proscenio della Grande Mela degli anni Venti. Nella sua nuova prova, se possibile, Arena si migliora, affina lo sguardo, prende per mano il lettore e gli regala un romanzo che sa essere colto e popolare, non una, ma più vicende tumultuose e vibranti.
L’uomo alla ricerca del suo uomo
In Ninna nanna delle mosche (253 pagine, 17 euro), pubblicato ancora da Fandango Libri, Alessio Arena torna agli anni Venti del Novecento, al fenomeno della migrazione, e intreccia in un magnetico romanzo corale il Sud Italia e il mondo ispanoamericano, le primordiali terre di Lucania e Cile in particolare, meridione del mondo dalla medesima atmosfera contadina. Arena racconta una storia avventurosa, con qualche elemento magico e fiabesco, si affida a quattro anime speciali, raminghe, moti perpetui, che sembrano andare avanti, vivere, solo per trovare un riscatto, sentimentale e sociale.
Gregorio, Berto, Dorotea, Serafina sanno che l’amore e la paura che sentono, sempre uniti, li hanno tenuti prigionieri in una piccola porzione di mondo. Ma il vetro contro il quale hanno sbattuto sta per frantumarsi. Certo, i colpi sono stati duri.
Come le mosche cercheranno di volare di nuovo nonostante le ali spezzate, come se non avvertissero il segnale doloroso che sconsiglia loro di farlo.
Le mosche, come i terremoti, saranno filo conduttore, palesandosi da una parte all’altra dell’oceano. Realissime e simboli. Dal deserto di Atacama, nel nord del Cile, il fulvo lucano Gregorio – allontanato per cancellare lo “scandalo”, che lavora tra una miniera e una raffineria di salnitro – scrive lettere al suo grande amore, Berto (nel paese d’origine erano gli unici a sapere leggere e scrivere): solo una, l’ultima, arriverà a destinazione, spingendo Berto a partire per incontrarlo di nuovo, a iniziare un viaggio, unendosi a un circo ambulante (atmosfera e particolari rimandano, talvolta, a Troppo lontano per andarci e tornare di Stefano Di Lauro, di cui abbiamo scritto qui). Un oppresso che si libera dalle catene, Gregorio, che risalendo da una voragine interiore conquista lentamente la consapevolezza dei propri sentimenti e prova a vivere davvero il suo amore a ostacoli.
La scrittura musicale e donne di cui innamorarsi
Ninna nanna delle mosche è un romanzo in cui la scrittura si fa musica, per chi ama le storie immaginifiche e al tempo stesso molto accurate dal punto di vista storico, quelle che si fa molta fatica a mollare nel corso della giornata, solo a causa di qualche imprescindibile dovere. Ha anche un “cast” di donne misteriose e magiche, vari personaggi di cui innamorarsi: dalla “ninnanannara” Serafina, moglie di Berto, cieca e allevata in un convento, alla loro figlioletta, la neonata dagli occhi chiusi, Rosa, da Dorotea, che suona il piano nel deserto a Pascuala, capocomica di un circo. Il risultato ha a che fare con le parole audacia, sogno, incoscienza, speranza, rinascita. Contro ogni destino che sembra ineluttabile.
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