Una lettera per Joan Didion, scomparsa a 87 anni
Cara Joan Didion,
chiusi gli occhi non avrai pensato agli onori e agli allori, a questa immagine da rockstar, a queste etichette di icona del giornalismo e di classico della letteratura, che ti erano state attaccate addosso da decenni; non avrai perso tempo a immaginarti giovane e irrequieta, bella e impossibile, come in certe foto in bianco e nero, sigaretta in mano e auto sportive accanto, in California o a Manhattan; non ti sarai soffermata sul debutto nella redazione di Vogue, sulle sceneggiature cinematografiche, sulle influenze ricevute e su quelle trasmesse, sul New Journalism, sulla prosa elegante come inconfondibile marchio di fabbrica. Avrai pensato a John e a Quintana Roo, ai libri che hai scritto per, su e con loro, a L’anno del pensiero magico e a BlueNights, volumi fatti di verità cristallina, stile perfetto, roba rara da rintracciare in giro. Fiction, non fiction, autofiction, avresti potuto insegnare qualcosa a chiunque.
Ti eri guardata dentro, scavata a fondo, rivoltata dal dolore, dallo sgomento e dallo spaesamento esistenziale. Eri finita nella morsa delle fitte più complicate da affrontare, delle paure peggiori, degli addi più spaventosi, il vuoto e la disperazione. E hai affrontato tutto questo, lasciando andare la persona amata, John, ma non superando mai il commiato prematuro di tua figlia. Ti sei raccontata in pagine ipnotizzanti, sempre distante da tutte le gabbie con cui, di volta in volta, volevano classificare Joan Didion
Se, come hai scritto, “non esiste davvero un modo per fare i conti con tutto ciò che perdiamo”, allora dopo averti persa non lo cercheremo. Semplicemente, torneremo a leggere i tuoi libri. E a chiederci sempre, con stupore e meraviglia, come hai fatto a scriverli così e come hanno fatto, come faranno a cambiare la vita delle persone.
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