Il diario intimo e doloroso di una donna interrotta, per sempre marchiata: è “L’amore di pietra” di Grazyna Jagielska, moglie di un grande reporter di guerra, finita in una clinica psichiatrica, alle prese con un devastante disturbo da stress post-traumatico, un baratro, una strada perduta che cerca di ritrovare…
È seduta nel giardino di una clinica psichiatrica, Grazyna. Ce l’ha accompagnata il marito, Wojciech Jagielski – uno dei più importanti e capaci reporter di guerra polacchi. Stanno tentando di curarle un devastante disturbo da stress post-traumatico.
È seduta su una panchina Grazyna e, vicino a lei c’è Lucjan, un altro paziente – racconta cose terribili Lucjan – che, in veste di veterano della casa di cura, incuriosito e bisognoso di condividere il suo dolore psichico, si accolla il compito di raccogliere la testimonianza della nuova arrivata.
Davanti a lui Grazyna ripercorre le tappe di un amore, quello col marito, esclusivo, fatto di necessità condivise e slanci vitali.
Un legame che, in quei primi anni, li lega indissolubilmente, convogliando ogni loro interesse nei viaggi, respingendo la noiosa idea di una vita canonica, fatta di carriera e figli.
La strada percorsa
E invece, senza nessuna pretesa, di strada ne percorrono molta entrambi e Wojcieh diventa uno dei più ambiti giornalisti di guerra, gettando Grazyna nel baratro dell’incertezza e della disperazione.
Grazyna Jagielska vive la sua guerra nello spazio angusto della cucina, tremando in attesa di ricevere notizie del marito, sperando sopravviva ai pandemoni in cui si tuffa a capofitto, rievocando gli scenari più angoscianti – un collega falciato da una raffica di proiettili, la testa staccata dal collo, la fisionomia trasfigurata per qualche secondo, impercettibile immagine, sufficiente a far vacillare la mente.
È così che la guerra di Grazyna si configura come qualcosa di altro, una battaglia che non si può vincere. È un turbamento che non lascia scampo, un’ossessione che monopolizza, sconquassa e depreda – perché non c’è rifugio dal dolore mentale – che polverizza e sfinisce, una prova di disumana resistenza di cui non si intuisce il traguardo ma che si è obbligati a correre.
L’autodistruzione
Perché lasciare Wojcieh è impensabile, Grazyna Jagielska lo ama profondamente e lo aspetta, giorno dopo giorno, pagando l’inestimabile prezzo dell’autodistruzione, dell’impossibile elaborazione di un lutto continuo e sempre attuale – ogni giorno l’idea della morte del marito la coglie come fosse un lutto reale, reiterato, un’incessante punizione divina.
Alienazione, isolamento, incapacità di trovare riposo: Grazyna è una donna che cade a pezzi. Suo marito, invece, appare solidissimo, immerso nei suoi eroici ritorni. Ritorni che non esisterebbero se ad aspettarlo con ci fosse Grazyna, testimone involontaria di un orrore di cui è la vittima collaterale, conservatrice di una vita di cui si assume gli oneri più ingenti.
Grazyna è la garanzia senza cui non vi sarebbe ritorno, la promessa a cui tendere dalla fine del mondo, il bacino in cui specchiarsi e lavarsi dal massacro, il fiume in cui riversare le storie inaccettabili di donne torturate e uomini dilaniati.
Una fonte alla quale purificarsi. Una fonte che, però, non si rigenera.
L’amore di pietra (262 pagine, 17,50 euro) di Grazyna Jagielska, edito da Keller nella traduzione di Marzena Borejczuk, è allora il diario intimo e doloroso di una donna interrotta, per sempre marchiata dal fuoco di una guerra inestinguibile, che si rinnova nelle parole e nelle angosce di un giorno infinito, da decenni immutato, quello in cui Wojcieh non torna a casa e lei muore, quello in cui Wojcieh torna a casa appesantito dalla morte e se ne sbarazza, levandosi di dosso tutte le sue storie infernali e gliele consegna, lasciandola sola, a brancolare in mezzo alla polvere di un orrore per sempre sospeso.
Perché, mentre Wojcieh torna a casa, Grazyna ha perduto per sempre la strada. Ed è qui, in queste parole che tenta di ritrovarla.
È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti