Tra desolazione e commozione, passato e presente, una donna e i fantasmi dell’adolescenza, il rapporto con un uomo sposato e la maternità. Torna Chiara Gamberale con “Il grembo paterno”, racconto e riflessione su ciò che sembra bastare e quanto invece non soddisfa mai…
Probabilmente uno di quei libri che merita di essere letto più di una volta, perché, ad ogni giro di valzer, si possa sfrondare la lettura, rendendola meno nebulosa e via via maggiormente nitida. Il grembo paterno (224 pagine, 18 euro), di Chiara Gamberale, edito da Feltrinelli, ci regala una storia in agrodolce in cui la dolcezze delle relazioni raccontate – quella tra Adele e Nicola, ma anche quella tra Adele suo padre Rocco – si confondono con la violenza e le acidità che queste stesse relazioni nascondono nelle stoffe delle loro trame.
La struttura narrativa è intarsiata da una costante spola tra il passato – la vita di paese, i primi amori, l’adulterio del padre – e il presente – il rapporto con un uomo sposato, Nicola e la nascita della sua bambina. Ma le alternanze riguardano anche le contrapposizioni tra l’Adele Magra e l’Adele Grassa, due fantasmi della sua adolescenza da cui la protagonista non riesca a liberarsi del tutto, ma che continuano a condizionare la sua quotidianità. Nel liquido amniotico di questo grembo paterno, sul quale insiste il romanzo, la Gamberale impasta di tutto, dai disturbi alimentari agli amori pervasivi, dagli arrivi e alle ripartenze, da ciò che sembra bastare a quanto invece non soddisfa mai.
Nulla sembra davvero rispondere in maniera compiuta a quell’atavico bisogno di essere accettati, compresi e protetti. Un senso di desolazione aleggia tra le pagine come un gas mefitico, tanta commozione scivola tra le righe: il mondo, nella sua crudezza, trova senso forse solo in Frida, la bimba di Adele. Una sorta di grembo, paterno o materno non importa, comunque un rassicurante rifugio per una donna – Adele – alle prese con le sue tribolazioni e la sua voglia di diventare adulta.
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