Mencarelli, quel viaggio in autostop verso bellezza e verità

Una traversata coraggiosa e piena di espedienti dalla Romagna al Lazio per un diciassettenne alle prese con un male interiore, con una costante ricerca di senso. “Sempre tornare” di Daniele Mencarelli conclude la trilogia autobiografica iniziata con “La casa degli sguardi” e proseguita con “Tutto chiede salvezza”. E rievocando il ragazzo che fu, ripropone la battaglia che gli si agita in petto, fra il Tutto e il Nulla, Dio e il Caos

Cercava bellezza. Cercava verità. E non è escluso che, a tratti, le abbia anche trovate, nei momenti più difficili, nelle situazioni più insolite, grazie a sconosciuti con cui ha intrecciato momenti di fratellanza, di contrapposizione, di reciproco soccorso e generosità. Ma, ancora più della bellezza, più ancora della verità, si è imbattuto nelle solitudini e nei dolori altrui, ha provato a conoscersi, a scrutarsi dentro, ha imparato a chiedere aiuto, ha goduto di tanti piccoli o grandi gesti di solidarietà, ha fatto esperienza della paura e della fatica, della gratitudine, del donarsi e di un totale stato di necessità; ha sperimentato la nostalgia, la disumanità degli addii, gli sconquassi lancinanti della giovinezza, i suoi amori mai avverati. Immaginate un ragazzo non ancora maggiorenne che percorre da solo una gran fetta d’Italia, senza soldi e documenti, per tornare a casa dopo una vacanza che considera rovinata sul nascere, a causa di un episodio umiliante nel corso di una serata. Un giovanotto che soffre di un devastante male interiore senza capirne il motivo, che fa i conti con un nemico interno a cui sembra impossibile sfuggire…

Sprazzi di luce tra dubbi e sentimenti confusi

Molti lettori conoscono già il protagonista di Sempre tornare (320 pagine, 19 euro) di Daniele Mencarelli, pubblicato da Mondadori (e a cui l’autore aveva accennato in questa videointervista due estati fa) come i due precedenti volumi che compongono una trilogia autobiografica, di un’autobiografia che naturalmente è vera, verissima, e al tempo stesso trasfigurazione letteraria, di una lunga ricerca esistenziale probabilmente non ancora conclusa. Se ne La casa degli sguardi Mencarelli aveva raccontato una rinascita e in Tutto chiede salvezza (vincitore del premio Strega Giovani) una dannazione, andando a ritroso nel tempo, con i ricordi e con pezzi significativi della propria esistenza, stavolta c’è spazio, tutto sommato, per molti sprazzi di luce, sebbene lastricati di domande, dubbi, sentimenti confusi: come se prima avesse voluto focalizzare il purgatorio, poi l’inferno e poi tornare a una sorta di paradiso. Anche la copertina svela un po’ dell’anima di questo libro (che dovrebbe diventare anche un film), sfumature e colori cupi dei “vestiti” dei due libri precedenti sono finiti in soffitta, un tramonto arancio e rosa rischiara tutto…

Stanare Dio

Rispetto ad altri suoi coetanei Daniele è un ragazzo si confronta con un disagio e una sensibilità al di sopra della media. Nel bel mezzo del primo viaggio senza genitori o fratelli al seguito, quando quasi chiunque avrebbe ben altro per la testa, basta poco, pochissimo a fargli cambiare rotta. Lui ha da sempre un duello nel petto, una battaglia nel cuore. Si muove tra due poli, da una parte il Tutto, dall’altra il Niente, che potrebbero tranquillamente ribattezzarsi diversamente: da una parte Dio, dall’altra il Caos.

Forse per stanare Dio, o lasciarsi andare al silenzio della sua definitiva assenza, occorre un gesto, una disciplina, come le formiche che vanno e vengono per una visione comune, condivisa.

È l’agosto 1991 (un’epoca che decisamente sembra lontana mille anni, in cui, per dirne una, la telefonia mobile è solo fantascienza), Daniele si mette alle spalle l’Emilia Romagna e cerca di raggiungere i Castelli Romani: si dà due settimane di tempo, le stesse che mancano ai suoi genitori per rientrare a casa. È questa la miccia del romanzo di Daniele Mencarelli, poeta che nella prosa ha trovato una nuova, compiuta, dimensione. Sarà l’inizio di un viaggio, fisicamente estenuante, spiritualmente implacabile e redditizio, condotto in gran parte in autostop, un’Odissea in scala ridotta, costellata da tanti incontri, durante la quale il giovane Daniele soffrirà anche la fame e la sete, ma non quanto certa aridità e grettezza e cinismo incarnati da alcuni dei tanti coprotagonisti.

Quante solitudini

Quasi tutti gli individui che incontra sul cammino si fanno ghermire dal dolore, dalla solitudine. È solo Enrico, un infelice pediatra che dimostra molto più dei suoi trentasei anni e sta dando una festa in piscina. Lo è Annamaria, anziana che si rivela essere una specie di fattucchiera. Lo sono Emma – una ragazza per cui Daniele perde la testa – e suo padre, Alberto, da poco vedovo. Gino, detto Veleno, che ama le bestie più degli esseri umani, e pure la creativa Agata. Sono soli alcuni ragazzi che sgommano verso una discoteca, un paio di coppie di una certa età (specie i mariti, Aldo e Gianni) e Manlio, infelice di lavorare alle Poste, che si rifugia in un paio di ossessioni, ingurgitare quanto più cibo possibile e vedere porno in formato vhs. Dinanzi a tante vite tribolate la tentazione – emerge dalle pagine di Mencarelli – è davvero quella di cedere al Nulla, di crogiolarsi nel dolore, di sperare di non farcela.

Cosa mi devo augurare per il mio futuro?

In fondo, forse, conviene il fallimento. Il traguardo irraggiungibile che resta come sogno da realizzare, rincorrere, fino alla fine dei giorni.

Oppure il vero trionfo abita altrove, e poco importa perdere o vincere.

Dare al cuore in pasto tutto.

Forse, solo questo conta.

E ancor più intenso si fa il ricordo dei propri cari, «la fortuna da portarmi nella vita», «la distanza rivela l’amore».

Esistono famiglie dove la ricchezza è un vassoio di paste alla domenica, in cui si litiga, certo, ma senza signori a rimproverare i servi, dove il gioco e la tenerezza alla fine vincono sempre.

Come la mia.

Tesoro lontano che inizia a mancarmi.

Pregare?

L’entusiasmo e la libertà sono le eredità più preziosa di una traversata che, inevitabilmente, per Daniele non è solo fisica ma anche intima, personale, spirituale. L’invocazione e la preghiera – a cui il ragazzo non riesce ad abbandonarsi quando ancora è in Umbria, davanti a un’opera di Piero della Francesca, il polittico della Madonna della Misericordia – in qualche modo, sommessamente, affiorano. Specie nell’unico frangente pericoloso dell’avventura raminga del giovane protagonista. «Tutto è un dono di Dio», si trova a riflettere. Salvo poi tornare sui propri passi qualche pagina dopo: «Stamattina ti ho pregato. Adesso ti sto odiando». Un tira e molla, una tensione che esploderanno negli anni a venire, quelli raccontati e rivissuti nei due precedenti romanzi che hanno già raggiunto parecchi lettori e che ne meritano altri. Potrebbero intravedere se stessi – mi si perdoni il bignami frettoloso e, forse, semplicistico – negli slanci e nei tormenti di Mencarelli, nella consapevolezza dell’irripetibilità di certi momenti e incontri, nel confronto con lo scorrere del tempo e con la morte, nella costante ricerca di senso e di salvezza.

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