Un romanzo colmo di rimandi alti e di simbolismi, “Il cielo per Roma” di Mariano Bàino, poeta che piega la lingua in modo originale. Il filosofo neoplatonico Sinesio, trasmigrato nel corpo di un avvocato romano, accetta con riluttanza di sciogliere la sfida tra i due papi in Vaticano. Più che i colpi di scena, però, colpiscono citazioni evidenti e nascosti e una scrittura ardita…
E se il coronavirus fosse un segno dell’imminente Apocalisse? Sì, l’Apocalisse di Giovanni, quella che segnerà la fine dei tempi, quantomeno dei nostri tempi. L’ipotesi è bizzarra, ma neppure tanto, visto che circola senza troppa vergogna in certi ambienti. Mariano Bàino la prende in prestito per attualizzare il suo ultimo romanzo, Il cielo per Roma (264 pagine, 16,50 euro), edito da Exorma e inserito nella collana “Quisiscrivemale”. Un romanzo atipico, pieno di simbolismi e rimandi di un certo livello, non di facile lettura.
Un avvocato e il Vaticano
Il protagonista della storia è Sinesio di Cirene, un filosofo neoplatonico vissuto a cavallo tra il IV e il V secolo, discepolo di Ipazia, che fu scrittore e vescovo di Tolemaide di Libia. Già la scelta da parte dell’autore di Sinesio, costretto a trasmigrare nel corpo stanco di un avvocato romano molto addentro alle faccende del Vaticano, risulta emblematica. È sufficiente fare una ricerca sul web per rendersi conto del personaggio, poliedrico e allo stesso tempo contraddittorio. O meglio: oggi risulterebbe tale, ai suoi tempi, forse, non lo era. Basti pensare che quando venne consacrato vescovo (per volontà popolare, ruolo che accettò con molta riluttanza) non era ancora battezzato. E che si oppose a credenze cristiane molto radicate e diffuse già all’epoca, quali la creazione dell’anima, la resurrezione della carne e la fine del mondo per volontà divina. Tra tra le sue opere c’è anche Egizi, o della provvidenza, un’allegoria in cui viene affrontato il tema dell’esistenza del Male permessa da Dio. Altri tempi, ovvio, tempi in cui ancora la teologia nella forma attualmente condivisa dalla Chiesa Cattolica non era neppure in fase embrionale. Insomma, di pagina in pagina, si ha la sensazione che le “alte sfere celesti” che hanno scelto Sinesio per portare a termine la missione terrena che gli verrà affidata, lo abbiano fatto più che altro per aderire – beffardamente – alla dantesca legge del contrappasso.
Un conflitto, un Anticristo
La missione, dicevamo: Sinesio dovrà indagare sul conflitto intestino che spacca la Chiesa di Roma, dove si contrappongono due papi, il rivoluzionario Materno I (quello in carica) e il reazionario Gregorio XVII (quello dimissionario). Vi ricorda qualcosa? Sinesio dovrà scoprire chi dei due è l’Anticristo. Non una questione di poco conto, com’è facile comprendere, una missione che il filosofo (anche stavolta) accetterà con riluttanza.
Giù si ritrovano con due papi, Sinesio, e uno forse è l’Avversario. Sono in gioco la salvezza e la dannazione degli uomini. Un dramma, un mistero. Quel che è certo è che l’Anticristo sarà un uomo, non un demonio. Un uomo al servizio di Satana, appartenente al corpo della Chiesa.
Una lingua immaginifica, più che l’azione
Non aspettatevi un romanzo carico di azione e colpi di scena. Bàino è un poeta, oltre che uno scrittore, che sa usare la lingua in modo originale e provocatorio. E infatti, una delle caratteristiche principali del suo libro è proprio il linguaggio adoperato, una prosa immaginifica, in cui le parole vengono accostate tra di loro con sagacia e talvolta con ardimento, una prosa lontanissima da qualsiasi opera che intende flirtare con il potenziale lettore. Bàino, ad un certo punto, si rivolge direttamente al lettore, rendendolo partecipe; lo chiama Sua Grazia e non certo per una questione di ruffianeria, semmai il contrario. Di rimandi letterari (e cinematografici) nel romanzo se ne trovano a bizzeffe e chissà quanti altri ne sfuggono. Da I versi satanici di Salman Rushdie a Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, passando per uno dei personaggi più riusciti del cinema italiano, quel Don Bastiano de Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli, interpretato dal compianto Flavio Bucci, che tanto ricorda l’eremita di Baino, tale Benicio Aparecido Pereira Rodrigues.
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