Torna in libreria, con una nuova traduzione, “Apocalypse Baby” di Virginie Despentes. Tra i salotti e le banlieu di Parigi e una variopinta Barcellona, due detective sulle tracce di un’adolescente scomparsa. Tra fughe e inseguimenti, droghe e sesso, una certezza: in questo avvio di millennio solo le donne sapranno fare la differenza
Una sorta di noir, una specie di thriller, uno strano giallo con la fuga di una adolescente e un paio di detective alle sue calcagna. La riproposta, da parte di Fandango Libri, di Apocalypse Baby (320 pagine, 19 euro), è una scelta felice. Importa poco dire se vecchi o nuovi libri di Virginie Despentes servano a scandalizzare, ad accendere dibattiti, a dissertare di bene e di male, di sesso o castità. La certezza è che la scrittrice francese di culto degli ultimi due decenni ha sempre avuto, e continua ad avere, idee. Sono queste che fanno la differenza, quando si scrive. A parecchi può accadere di orchestrare una bella storia. Non a tutti di tradurre in narrativa idee, peraltro fortissime. Quindi, probabilmente, è ora di finirla, smettiamo di guardare a Virginie Despentes – classe 1969, già punk e prostituta, passata da vari trattamenti psichiatrici – come a un soggetto letterario scandaloso, cerchiamo di coglierne tutta la complessità e la profondità, al di là delle etichette.
Tre “cattive ragazze”
Apocalypse Baby, con le sue ossessioni sessuali e il suo sguardo acuto, era apparso quasi una decina di anni fa, sotto le insegne di Einaudi. Adesso questo romanzo, che era arrivato in finale al Goncourt, torna per Fandango Libri con la nuova traduzione di Silvia Mazzocchi. E le tre “cattive ragazze” che ne sono protagoniste continuano ad apparire spassose e provocatorie. Lucie Toledo, detective privata reclutata da nonni e genitori per pedinare ragazzi difficili, si fa sfuggire Valentine Galtan, adolescente cocainomane, in una stazione della metropolitana parigina. Lucie, etero, chiede aiuto alla Iena, mitica investigatrice, violenta e lesbica, sulla cresta dell’onda perché, grazie al suo intuito, non sbaglia mai un colpo e risolve ogni caso. Inizierà un viaggio in the road che condurrà la strana coppia dalla Parigi dei grandi contrasti, fra salotti e banlieu, a una variopinta e caotica Barcellona (dove abita l’affascinante, fatale, madre di Valentine, l’araba Vanessa). Tra fughe e inseguimenti, si assisterà alla liberazione mentale e sessuale delle protagoniste, specialmente quelle della sprovveduta Lucie (io narrante, ma a capitoli alterni) e della giovanissima Valentine. Contro ogni ipocrisia spicca la disinibita e androgina figura della Iena, irresistibile cowgirl kitsch. Contro ogni forma di perbenismo e politicamente corretto, Despentes dispensa scene e immagini fortissime (fra droghe e sesso, anche non consenziente), che ai più potranno anche apparire gratuite, ma si incastonano perfettamente nel discorso complessivo del romanzo.
Sesso (lesbico) liberatorio
E se il finale dovesse lasciare interdetti i più, i lettori godano del ritmo infernale che Despentes dona alla pagina, delle scintille della male assortita coppia di investigatrici, del montaggio narrativo (quando a raccontare non è Lucie, interviene l’autrice con la terza persona ma sempre dal punto di vista di uno dei personaggi), del gergo che Despentes utilizza e che Mazzocchi è abile a rendere, del concetto liberatorio del sesso, specialmente quello lesbico. Del compito, soprattutto, che affida alle donne – magari alle prese con vite complicate e con fallimenti in serie, come accade alle protagoniste di Apocalypse Baby – quello di spostare gli equilibri, contro ogni fragilità e debolezza. È una missione realistica, credibile, possibile, in questo inizio di millennio così indecifrabile e apocalittico e che Despentes sa incarnare al meglio nelle sue pagine.
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