Il massimo alloro letterario italiano, il premio Strega, è andato ad Emanuele Trevi per “Due Vite”, in cui si racconta l’amicizia con gli scomparsi Pia Pera e Rocco Carbone. Sfugge però il senso complessivo, nonostante alcuni passaggi intensi…
Vincitore della LXXV edizione del Premio Strega. Applaudito dalla critica. Scritto con maestria e perizia. Due vite (128 pagine, 15 euro), di Emanuele Trevi, edito da Neri Pozza, è tutto questo. E poco altro. La storia di due autori di nicchia scomparsi prematuramente, Rocco Carbone e Pia Pera, legati all’autore da un sincero quanto raffinato rapporto di amicizia, è lo sfondo in cui si ricordano aneddoti e particolari di due figure molte diverse e quasi antitetiche. Tormentato lo scrittore calabrese, anticonformista la traduttrice toscana.
Nel mondo, ma distanti
Grazie ad una narrazione sostanzialmente fluida, dove non compaiono discorsi, si assiste ad una analisi quasi psicologica dei due, con incursioni nelle loro caratterialità e nel loro essere nel mondo, pur mantenendovi le debite distanze dallo stesso. Il libro presenta una riflessione anche amara su alcuni aspetti delle esistenze di entrambi, salvate però da un inguaribile amore per la vita, per la bellezza, per la scrittura.
Verso dove?
Tuttavia, rimane poco al lettore che, a mio giudizio, viene disorientato da una lettura che non si comprende bene dove voglia condurre e cosa voglia dire. Non trattandosi di una biografia, ma limitandosi a riportare alcuni episodi della loro lunga amicizia – il cui fine è quello di descrivere le caratteristiche, sia fisiche, ma soprattutto spirituali dei due scrittori –, sfugge il senso di questo libretto che forse sferza più per l’intensità di alcuni passaggi, che per la complessiva struttura della storia.
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