Gli scrittori solitari? Leggete le istantanee dal vivo di Bregola

Quindici ritratti di scrittori un po’ orsi un po’ snob, un po’ saggi un po’ cincinnati ne “I solitari, scrittori appartati d’Italia” di Davide Bregola, frutto della rubrica tenuta su “Il Giornale”. Riflettori sugli autori che scrivono e basta, sui particolari che ne svelano l’umanità

Talk show, social media, riviste, giornali. Ci sono scrittori che ritrovi ovunque, che ci tengono a dire la propria sul calciomercato, sulla politica internazionale, nazionale, locale, sul festival di Sanremo o sul cambiamento climatico. La parola d’ordine è esserci, ogni palcoscenico è utile allo scopo. È la società dello spettacolo, bellezza, non hai letto Debord?

Un’opera meritoria… da continuare

Poi ci sono quelli che scrivono, e basta. Non cercano platee, a malapena lettori, e a volte nemmeno quelli. Ci sono perfino quelli che scrivono pochissimo, magari uno, due libri, e smettono. I solitari, scrittori appartati d’Italia, di Davide Bregola, Oligo Editore, è un libro che parla di loro. È un’opera meritoria, quella di Bregola, e siccome il catalogo dei solitari non è certo esaurito nei 15 autori scelti nel libro, sarebbe bello la proseguisse. Per tanti motivi. Innanzitutto perchè a leggerne i ritratti, di questi scrittori un po’ orsi un po’ snob, un po’ saggi un po’ cincinnati, viene anche voglia di leggerne (o rileggerne) i libri, e dato che non li ritroveremo consigliati sugli inserti culturali dei fine settimana, né negli espositori delle librerie/discount, già questa è un’ottima cosa. Poi perché Bregola la sa lunga, e come il buon vecchio Verga diceva di volere descrivere un uomo da dieci parole e da come si soffiava il naso, il nostro ha lo sguardo capace di trovare il particolare che ci svela l’uomo, insieme all’autore. Il modo di arrostire il capretto di Gavino Ledda, di stare al tavolo di un caffè di Stefano Benni, l’abito di Susanna Bissoli o i baffi di Vincenzo Pardini. Davide Bregola sa che il vero ritrattista deve individuare un elemento che diventa il fuoco della rappresentazione, attorno al quale tutto prenderà vita e compiutezza. Lo sa e sa farlo.

Passo lieve e tentazione dei superlativi

Lui tira in ballo il Gonzo journalism, ma noi vorremo dire che gente come Plutarco, Teofrasto, Tacito, allora, erano gonzissimi. E si potrebbero tirare in ballo i Ritratti di scrittori di Walser, che è citato nel libro, per la Passeggiata. Insomma, il libro esce dalle pagine del Giornale, dalla rubrica che l’autore ha tenuto ogni mercoledì sul quotidiano, ed entra nella letteratura. Ci entra con il passo lieve che si addice al tema, senza la boria e lo sfarzo di superlativi di certe presentazioni da rullo di tamburi. Eppure a scorrere i nomi e le opere, la tentazione dei superlativi si affaccia, e sarebbe tema molto serio e interessante, sempre attuale, se di questi giorni è la polemica di Antonio Moresco (ci può stare, tra i solitari, che ne pensa Bregola?) sull’ennesima lamentazione di Roberto Cotroneo che legge solo autori italiani standard, ruffiani, serializzati nei cliché delle scuole di scrittura.

Non i palcoscenici, ma le vie

Gli scrittori appartati frequentano poco i palcoscenici della storia, di più le vie della vita, ed è lì che li incontra l’autore, in una stazione, più spesso al tavolo di un ristorante, in una piazza. Perché, occorre dirlo, i ritratti di Bregola sono istantanee prese dal vivo, gli autori è andato a cercarli di persona, o li ha incontrati in quell’arte dell’incontro che è la vita e in particolare la vita dei frequentatori dei festival letterari o delle presentazioni di libri.

Aspettiamo un prossimo catalogo di solitari, dunque, perché il primo ci è piaciuto proprio, e perché speriamo che nel prossimo la proporzione nord-est/resto d’Italia sia più equilibrata.

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