Videointervista allo scrittore Domenico Dara, già finalista al Premio Calvino e autore per Nutrimenti e Feltrinelli. «Raccontiamo la nostra vita – spiega Dara – quando non riusciamo a trovare il bandolo della matassa. È una lotta tra il senso e il non senso, tutto là. La scrittura ci aiuta a trovarlo o ci illude di averlo trovato – che è, alla fine, la stessa cosa».
«Ci pensa la storia a raccontare i vincitori. La scrittura deve illuminare quelle zone che la storia lascia nell’ombra. Ho sempre raccontato personaggi ai margini, clandestini». L’amore per la letteratura, la magia che si nasconde dietro le parole, il senso del destino, la morte, il dolore, la felicità incontenibile, i meccanismi universali, le piccole coincidenze: sono solo alcuni dei temi a cui ha dato voce Domenico Dara, scrittore calabrese recentemente approdato nel catalogo di Feltrinelli, con il romanzo Malinverno, dopo due titoli pubblicati per la casa editrice Nutrimenti, Breve trattato sulle coincidenze (con cui era stato finalista al Premio Calvino) e Appunti di meccanica celeste.
L’ho incontrato durante un’afosa mattina d’agosto in un paesino nascosto tra le colline catanzaresi, San Vito sullo Ionio, che ospitava in quei giorni la rassegna culturale Sonati Vicinu. È stato come spiare nel laboratorio di uno scrittore, anzi: di un prestigiatore. Perché Domenico Dara sa piegare le parole come vuole, sa incantare, sa scoprire il senso di un destino dietro al caos. E in fondo, come mi ha rivelato, la letteratura non ha altro compito che questo: «Raccontiamo la nostra vita quando non riusciamo a trovare il bandolo della matassa. È una lotta tra il senso e il non senso, tutto là. La scrittura ci aiuta a trovarlo o ci illude di averlo trovato – che è, alla fine, la stessa cosa».
Ecco l’intervista (videoediting curato da Aurora Bertuca, su Instagram auro_berti), buona visione.