Due storie parallele destinate a sfiorarsi ne “Il male minore” di Alessandro Orofino. Uno stile asciutto ed essenziale per mettere in evidenza l’eterna lotta tra ciò che si intende essere e fra chi si decide di essere, un romanzo sulle passioni, sulle sfide e sui sogni da inseguire, sul coraggio di andare fino in fondo nelle nostre scelte
A chi non è mai capitato, almeno una volta nella vita, di trovarsi nella posizione di dover prendere una di quelle decisioni che possono cambiare il corso dell’intera esistenza? Una di quelle difficili, su cui riflettere a lungo probabilmente comporta solo un prolungamento dell’agonia, della paura di sbagliare. Quante volte, in questi casi, si fa riferimento al “male minore”, ovvero a quella sorta di filosofia di vita che si basa essenzialmente sulla necessità di limitare i danni, di evitare il peggio. Il male minore (290 pagine, 15 euro) è il titolo dell’ultimo romanzo di Alessandro Orofino, pubblicato da Pathos Edizioni, che si articola in due storie parallele. Nella prima il protagonista è un impiegato intenzionato a cambiare lavoro e vita per diventare scrittore, ma deve fare i conti con la fidanzata che da tempo aspetta di sposarsi e creare una famiglia; nell’altra Adolfo è un padre poco affidabile che racconta un sacco di fandonie alla figlia per apparire una persona migliore di quella che effettivamente è, fino a quando non finisce in guai seri ed è costretto a raccontare tutto e a logorare definitivamente il rapporto con Arianna.
Vite che non sono le nostre
Sono storie destinate ad incrociarsi, a sfiorarsi, per poi proseguire lungo il percorso già tracciato da quelle scelte prese per scongiurare il “male maggiore”. Ciò che ci racconta Orofino (qui è possibile leggere un estratto del romanzo) è una sorta di consapevolezza della natura umana, quello stato quasi perenne di frustrazione che spesso ci spinge a condurre esistenze che non sentiamo nostre. Ecco, allora, che i nostri protagonisti percepiscono quel male preciso e profondo, un male impersonale che li spingi, ad un certo punto, ad alzare la testa e a porvi fine, a cambiare il corso del proprio destino. Ma di fronte l’incerto, prevale il certo: la sicurezza di ciò che abbiamo nel presente, la paura di non sapere a cosa si va incontro fa protendere per il male minore, ovvero «l’arte del compromesso, del “non si può avere tutto dalla vita”, dell’accettare e tirare dritto», rassegnati ad una vita in cui non si crede fino in fondo. Ciò che lo scrittore mette in evidenza è l’eterna lotta tra ciò che si intende essere e chi, alla fine, si decide di essere. E lo fa con uno stile asciutto ed essenziale, com’è dimostrato dall’uso di aggettivi sempre necessari e mai ornamentali, così come i dialoghi. La scelta di tale stile non pare assolutamente casuale, ma un “atto di coraggio”, quel coraggio che sembra proprio mancare ai nostri protagonisti.
[…] Ma poi sistemarsi cosa significa? Trovare un lavoro e tenerselo stretto tutta la vita anche se non ti piace? E vivere così ha davvero senso? Mettere da parte i propri sogni per uno stipendio fisso alla fine dove porta?
I compromessi che possiamo accettare
Sono storie di vita ordinaria, che riguardano tutti: raccontano i compromessi che siamo disposti ad accettare pur di non abbandonare la cosiddetta “comfort zone”. Non oltrepassare questa linea immaginaria spesso vuol dire ingabbiarsi in una vita prevedibile, controllata, piatta e senza stimoli.
Orofino ci pone interessanti spunti di riflessione sulle passioni, sulle sfide e sui sogni da inseguire, sul coraggio di andare fino in fondo nelle nostre scelte, sulla possibilità di diventare artefici del proprio destino. E i protagonisti del romanzo, sono capaci di vivere una vita che non sia solo rinuncia, ma anche conquista? Leggerlo per scoprirlo.
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