L’eroe normale di Antonio Tabucchi, protagonista di “Sostiene Pereira”, non vuol essere più indifferente dinanzi al regime. La sua presa di posizione è pacata ma risoluta. Potrebbe accostarsi a certe figure di Alberto Moravia, ma non è così…
Che Sostiene Pereira (226 pagine, 10 euro), edito da Feltrinelli, sia un libro sull’impegno civile, rivoluzionariamente pacato nella sua lotta al regime, è un dato di fatto. Ed è inutile ripeterlo.
La si conosce già, la potenza di queste pagine.
Ed è per questo che provo un senso di pentimento – proprio come Pereira – nell’averlo scoperto e letto così tardi.
Tutto è politica
L’ho preso come praticante per fare necrologi anticipati ma sono tutti impubblicabili, perché quel ragazzo ha in testa la politica e ogni necrologio lo fa con una versione politica, per la verità penso che sia la sua ragazza a mettergli in testa queste idee, insomma, fascismo, socialismo, guerra civile di Spagna e cose del genere, sono articoli impubblicabili. Il fatto è che mi è venuto un dubbio: e se quei due ragazzi avessero ragione? Se loro avessero ragione la mia vita non avrebbe senso, non avrebbe senso aver studiato lettere a Coimbra e avere sempre creduto che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, non avrebbe senso che io diriga la pagina culturale di questo giornale del pomeriggio dove non posso esprimere la mia opinione e dove devo pubblicare racconti dell’800 francese. Non avrebbe senso più niente, ed è di questo che sento il bisogno di pentirmi.
La prima cosa che ho pensato, non appena letta l’ultima pagina, è che sarà sempre vero, anche se lo neghiamo: è tutto una questione politica. Ogni nostro singolo gesto quotidiano, come anche ogni nostro non-gesto.
All’indomani della fine della lettura di questo libro, ripensando alla potenza di questa storia, non ho potuto non ripensare a 1934 di Moravia, al concetto di disperazione di chi è sotto regime e sa che non sta facendo assolutamente nulla per contrastare l’avanzata del nazi-fascismo.
Alla disperazione di Lucio, un intellettuale che si ritira a Capri come a voler, da lì, osservare il mondo di nascosto, si accosta Pereira, e quel suo perdersi in racconti dell’800 perché non ha il potere – la possibilità – di esprimere la sua opinione.
Osare con un gesto minimo
Ma osa, Pereira, osa con un racconto che – pur ormai datato – è dalla parte del nemico del nazi-fascismo che persevera nella sua terra. Un piccolo gesto, che pensava sarebbe stato incompreso, e invece viene riconosciuto. Un piccolo atto rivoluzionario, pacato, frutto del suo pentimento: non vuole più essere indifferente.
Di certo non la pensava così il Michele de Gli Indifferenti, sempre di Moravia. Altro contesto, stesso messaggio: l’indifferenza al nazi-fascismo che avanza.
E oggi, noi, di cosa dovremmo pentirci? A cosa restiamo indifferenti mentre invece, anche con una rivoluzione pacata e intellettuale, potremmo prendere posizione? Per non avere, un domani, il bisogno di redimerci?
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