Un libro coraggioso, una scommessa vinta. Valentina Della Seta debutta con “Le ore piene”, romanzo erotico con una lingua affilata e scarna. Un appuntamento al buio tra una quarantenne e un uomo più giovane si risolve in una relazione sofferta e simbiotica, in un abisso di godimento e perdizione, dove «l’esibizione è una declinazione eccitante della timidezza»
«L’amore è una maledizione che piomba addosso e resistere è impossibile», si legge in Un amore di Dino Buzzati, romanzo che è stato citato da più parti per scrivere dell’esordio nella narrativa di una brava giornalista culturale, Valentina Della Seta. Difficile accostare un autore e un libro imprescindibili a qualcuno che debutta, basti questa frase però a spiegare, almeno in parte, l’anima di un libro che si segnala subito per una lingua affilata, esatta e scarna, mantenuta per cento pagine e più, con una certa maestria. Una quarantenne, di cui non scopriremo mai il nome, è la voce narrante di un volume breve ma densissimo.
La schiava sogna l’amore
Le ore piene (125 pagine, 15 euro) di Valentina Della Seta, pubblicato da Marsilio, racconta di un iniziale appuntamento al buio, tramite un app, e di un rapporto in salsa sadomaso, che ha come prima protagonista una donna cresciuta con «la sensazione di essere sempre fuori posto», convinta che «l’esibizione è una declinazione eccitante della timidezza», che di sé ha una pessima opinione, un coacervo di insignificanza e riluttanza a vivere.
Io ero cresciuta senza certezze, l’unica costante della mia infanzia erano state le battaglie dei miei genitori; mi avevano usata prima come pretesto per restare insieme e poi come arma per separarsi.
Anche l’altro protagonista è quasi anonimo. Si chiama P., ragazzo del Sud da tempo trapiantato a Roma.
Si era impegnato a sembrare una persona così lineare da convincere di non avere pensieri nascosti. […] P. era attraversato da pulsioni che sfuggivano al suo controllo, lo rendevano inquieto. Lo spingevano a pubblicare annunci su internet, a cercare donne da far godere con profili anonimi su Tinder. Era una persona gentile, aveva gusto per le umiliazioni se conducevano all’orgasmo.
Dopo aver conosciuto P., più giovane di una decina di anni, la donna (che vive facendo traduzioni, che beve vino di scarsa qualità, che ha pochissime amiche, forse una sola, Claudia) comincia ben presto a fantasticare su un futuro d’amore. Si realizza come schiava di un dominatore, lo asseconda, gode tra soprusi ripugnanti e sofferenze, desideri reciproci che s’attraggono. Le ossessioni si moltiplicano e la ricerca di situazioni estreme continua anche con qualche altro uomo, nessuno dei quali però è appagante come il primo.
Sofferenza e simbiosi
Quelli che sembrano sudici eroi sono anime vive, che cercano squarci di luce nell’oscurità. La pigra indolenza di lei, la scarsa cultura di lui, i desideri e le inadeguatezze di entrambi esplodono in una relazione sofferta e simbiotica, in un abisso di godimento e perdizione, in cui i due si appartengono e si perdono, periodicamente. La donna si annienta, l’uomo scivola e rischia («Sono io che ho paura di non riuscire a fermarmi») di cedere a quell’amore che aveva sconsigliato alle primissime schermaglie con lei. La lettura del romanzo di Valentina Della Seta turba e regala vertigini. Non cercate in queste pagine minestrine rassicuranti o sermoni, piuttosto la vita in presa diretta, un’assoluta introspezione, il rischio incosciente, il desiderio dell’umiliazione, le esigenze del corpo, la lotta straziante contro la velocità del tempo, un coraggio fuori dal comune. Lo stesso dell’autrice, che ha vinto la sua scommessa: con un esordio così è facile sbandare, ma lei tiene la strada come pochi.
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