Il primo romanzo post Nobel di Kazuo Ishiguro, “Klara e il sole”, ha come voce narrante un amico artificiale progettato per far compagnia ai bambini in una società che li lascia sempre più soli: il suo compito è non far sentire la solitudine alla piccola Josie e salvarla dalla malattia cronica che la spossa. Protagonista, in un tempo e in uno spazio non definito, è la natura, ma con un senso d’inquietudine…
Dopo il Premio Nobel del 2017, Kazuo Ishiguro torna in libreria con Klara e il sole (280 pagine, 19,50 euro), nella traduzione di Susanna Basso per Einaudi, disponibile in tre copertine differenti illustrate da Bianca Bagnarelli, che riprende e approfondisce alcune delle tematiche già viste in Non lasciarmi: la definizione del concetto di umanità, la perdita dell’individualità e delle capacità relazionali, le potenzialità della tecnologia e il rapporto di quest’ultima con la natura.
Una società ucronica lontana dall’ideale dell’equità
La società che fa da sfondo al romanzo è divisa tra l’élite dei potenziati tramite manipolazione genetica – che possono ambire a frequentare le prestigiose università e ottenere importanti risultati nella vita – e coloro che non se lo possono permettere e che perciò restano un passo indietro.
L’ambientazione ricorda certi paesaggi americani, dove le abitazioni sono isolate, immerse nel nulla; i ragazzi studiano a casa su apparecchi chiamati oblunghi, seguiti nella loro preparazione da tutori: non ci sono spazi di condivisione con i coetanei, se non gli sporadici incontri programmati per promuovere la socialità con i futuri compagni di college.
La tecnologia sempre più vicina ai bisogni dell’uomo
La voce narrante è quella di Klara, un AA, acronimo che indica un amico artificiale, cioè un robot progettato per tenere compagnia ai bambini in una società che li lascia sempre più soli: nonostante non sia l’ultimo modello disponibile sul mercato, Klara spicca sugli altri androidi per la particolare sensibilità e attenzione ai dettagli. Dalla vetrina del negozio in cui è esposta, osserva e apprende i comportamenti delle persone, indagandone le cause.
Più di tutto – e questo Rosa non sarebbe mai riuscita a capirlo – cercavo di sentire nella mente la rabbia che avevano provato quegli autisti. Cercavo di immaginare me stessa e Rosa tanto arrabbiate l’una con l’altra da cominciare a litigare così, con il preciso intento di danneggiarci reciprocamente il corpo. L’idea mi sembrava ridicola, ma avevo visto i due tassisti, perciò mi sforzavo di individuare mentalmente l’origine di quel sentimento. Ma era inutile e alla fine mi ritrovavo a ridere dei miei pensieri.
Klara è in grado di riprodurre perfettamente la tonalità della voce e il modo di camminare di chi osserva ed è grazie a queste abilità che la madre di Josie, una ragazzina che l’ha notata da tempo, acconsente ad assecondare il desiderio della figlia.
Essere una macchina
Tutta la narrazione è filtrata dagli occhi di Klara, che vedono la realtà attraverso quadri che si uniscono a formare un’immagine: il suo compito è quello di non far sentire la solitudine a Josie e tentare di salvarla dalla malattia cronica che, ogni giorno di più, la priva delle forze vitali. Klara è cortese e amichevole, non si sa se sia in grado di provare invidia nei confronti di Josie, se sia gelosa dello speciale rapporto tra lei e Rick o di quello con i suoi genitori: sembra che le sue azioni siano dettate esclusivamente dalla necessità di portare a termine la missione per cui è stata progettata. Si accorge se qualcuno ha un atteggiamento scontroso nei suoi confronti, è un’acuta osservatrice, ma non si sa se provi risentimento, sicuramente non lo dà a vedere, mostrandosi sempre cordiale; nel confronto con gli altri personaggi del romanzo, che sono in preda a sentimenti negativi ed angosciosi, il suo equilibrio potrebbe essere interpretato come bontà d’animo.
Anche se l’obiettivo primario sembra vacillare per far posto al nuovo ordine impartitole dai genitori di Josie, con ostinazione cerca fino all’ultimo di realizzare il suo scopo primario. Ma quello che fa può veramente definirsi un atto d’amore?
Attraverso Klara, che mostra alcuni aspetti che si potrebbero definire umani ma ne evidenzia anche i limiti, ci si interroga su dove risieda l’anima o il cuore, su cosa renda un individuo unico e insostituibile.
Credo (…) che le persone sono vissute insieme per tutto questo tempo, per secoli ormai, amandosi e odiandosi e sempre sulla base di un presupposto sbagliato. Una specie di credenza superstiziosa che abbiamo mantenuto in vita, per ignoranza. Così la vede Capaldi, e una parte di me teme che possa aver ragione.
Tecnologia e natura
Fin dalla sua permanenza in negozio, Klara nutre una sorta di fede cieca e quasi infantile nel sole che le dà nutrimento; ne osserva i movimenti, i disegni di luci e ombre negli ambienti, vuole sapere dove va a riposare al tramonto: è proprio al sole che si rivolge in preghiera, chiedendogli un favore in cambio di una promessa.
La natura è protagonista, ma emana un senso di inquietudine: Ishiguro sostiene di essersi ispirato ai libri illustrati per bambini, dove i colori vivaci lasciano spazio al buio, quasi a voler mettere in guardia dai pericoli della vita.
Come nei romanzi precedenti, i protagonisti sembrano essere avvolti in una bolla sospesa sulla realtà circostante, sono immersi nel contesto ma, tuttavia, ne sono straniati.
Con una storia ambientata in un mondo non meglio definito nel tempo e nello spazio, Ishiguro rappresenta tutte le preoccupazioni del presente: Klara e il sole di Kazuo Ishiguro è un romanzo commuovente e drammatico, spirituale e politico, ma anche mite e accogliente.
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