L’indagine di Nardini, la rinascita dopo la vedovanza

La morte del compagno di una vita mette alla prova Angelita, quasi un alter ego di Stefania Nardini, autrice de “La combattente”. Una donna coraggiosa che inizierà a scavare nel passato, in particolare negli anni Settanta, per trovare se non uno scopo almeno un senso al presente. Verrà a capo di verità che scompaginano destini personali e utopie collettive…

Agile, teso, per certi versi incandescente, con tratti autobiografici. Un romanzo breve che merita attenzione. L’ha scritto Stefania Nardini, giornalista e saggista, affronta la materia narrativa con piglio personalissimo, trasfigurando la propria memoria, a partire dagli anni Settanta, tempo cruciale per la generazione a cui appartiene (da non liquidare semplicemente con l’espressione “anni di piombo”), tempo di una gioventù oggi probabilmente irripetibile e di cui si reca testimonianza. L’autrice prova a nascondersi dietro la figura di Angelita, protagonista de La combattente (156 pagine, 15 euro), pubblicato dalle edizioni e/o; donna coraggiosa, che non molla, che scava nel passato per trovare se non uno scopo, almeno un senso al presente.

Tra l’Italia e Marsiglia

La rinascita è una dimensione che si può conquistare anche dopo la morte del compagno di una vita, la solitudine si può combattere. Fabrizio muore e Angelita, rimasta sola in una dimora enorme, è costretta a guardarsi alle spalle, ai decenni che hanno trascorso assieme. All’origine dell’oggi, che individua in quelli che forse troppo sbrigativamente e con disinvoltura sono stati bollati come “anni di piombo”, durante i quali la maggioranza non violenta di chi li visse sognava semplicemente un mondo migliore. In anni lontani affonda un doloroso segreto che riguardava proprio Fabrizio e sulle cui tracce si mette la vedova, che con Stefania Nardini condivide anche i luoghi di riferimento, l’Italia e Marsiglia.

Un’indagine e tanti momenti difficili

Un’indagine storica e sentimentale si fa strada fra le pagine. Angelita non ha dimenticato i ferri del mestiere, ex cronista che indaga come un segugio, a cominciare dalla cantina di casa propria. Protegge il figlio Marco, che vive lontano, lo tiene a distanza da qualsiasi maligno spiffero e da donna coraggiosa va da sola alla “guerra”, una guerra personale che ha tanti momenti difficili, perché il dolore le scarifica l’anima, spesso le capita di vacillare, a cominciare da qualche problema economico. Tracce visibili e invisibili la condurranno oltre confine, a Marsiglia, a un movimento rivoluzionario tedesco, a qualcosa di Fabrizio che non conosceva e che non era di poco conto. Con gli estremisti, con i loro errori, con le loro giuste cause, ma anche perse e cercate attraverso la violenza («Avevamo creduto nella rivoluzione, ma c’era chi aveva ucciso…»), non si è davvero fatto i conti fino in fondo, sembra dirci, nemmeno tanto fra le righe, Stefania Nardini, che scrive senza fronzoli ma senza nemmeno lasciare indifferenti. La protagonista impiega anni, per venire a capo della verità, ossessione assoluta di privato e pubblico che collimano in modo doloroso ed estremo, e che scompaginano un destino e, forse, i sogni di un’utopia collettiva.

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