“L’uomo del Porto” è la quarta inchiesta con protagonista Vanina Guarrasi. Intervista all’autrice Cristina Cassar Scalia: “Questo episodio più di tutti gli altri indaga il mondo non borghese. La prossima puntata? Bisognerà aspettare meno del solito, sarà disponibile già in autunno. Per la trasposizione televisiva i tempi sono abbastanza lunghi”
Lo Ionio, l’Etna. Come un pendolo, i romanzi di Cristina Cassar Scalia oscillano tra due poli d’attrazione. E che attrazione! I paesaggi ai piedi del vulcano per Sabbia nera e La salita dei saponari – prima e terza inchiesta della vicequestora Vanina Guarrasi – alternati a quelli di sabbia e di scogli: nel 2019 La logica della lampara, adesso L’uomo del Porto (328 pagine, 18,50 euro), tutti per Einaudi. La scrittrice, originaria di Noto ma residente ormai da tempo ad Aci Castello, ha metabolizzato così tanto la “natura catanese” da non poter vivere senza girarsi a destra e a manca per rimirare tanto spettacolo della Natura: «Vanina – commenta Cristina Cassar Scalia – si stupisce delle stesse cose di cui sono rimasta stupita io, non catanese che vive a Catania da 25 anni. Probabilmente, questa è l’unica città d’Italia che ha la montagna e il mare così vicini. Non sono molti i giorni in cui si può sciare sull’Etna, ma in quei giorni puoi farlo guardando il mare. Una cosa unica!».
Il suo ultimo lavoro gira tutto attorno a una storia familiare di miserie e (finta) nobiltà. Più che negli altri libri, l’analisi sociale è cruda e reale. Potremmo definire “L’uomo del Porto” una tragedia borghese?
«Sì, anche se forse questo libro più di tutti gli altri indaga pure il mondo non borghese. Il quartiere popolare di San Cristoforo, i ragazzi e la parrocchia di don Rosario, la Pescheria. Ho raccontato un altro pezzo di realtà sociale dei giorni nostri. Il contesto del professore La Barbera (la vittima, ndr) è sicuramente alto-borghese, tutto quello che gira intorno però va a scandagliare altrove».
Protagonista muto del romanzo, l’Amenano. Un fiume sotterraneo come le tante, troppe, verità nascoste di questa terra?
«La Sicilia ha una immensa ricchezza di chiaroscuri, ecco perché ambientare qui un noir è più facile che altrove. Anche solo come atmosfera. L’Amenano? È un fiume sotterraneo che scorre sotto il centro cittadino e non è nato così, lo è diventato per una colata lavica. Ed è proprio questo che fa la differenza».
Gli scrittori creano, la TV consacra. A quando il debutto di Vanina Guarrasi nel piccolo schermo?
«Spero presto, ci stiamo lavorando. I tempi sono abbastanza lunghi, non c’è ancora nulla di ufficiale».
Agatino Catarella è la spalla comica del commissario Montalbano, Peppe Piccionello quella di Saverio “Makari” Lamanna. Lei, invece, ha scelto di regalare alla sua vicequestora il sostegno dell’esperto commissario in pensione Biagio Patanè. Omaggio alla terza età?
«In realtà, un omaggio alla saggezza. Ai maestri. Biagio Patanè lo è per Vanina innanzitutto perché, come dice lei stessa, è un guru del pensiero poliziesco. Ha un modo tutto particolare di ragionare sui delitti, dato dal fatto che quando lui si occupava di delitti non aveva certo grandi disponibilità di tecnologie come invece adesso. Siccome Vanina è una che tende a ragionare molto, ci si trova molto bene. Poi, Patanè è una sorta di padre putativo per lei che il padre ispettore di Polizia l’ha perso tragicamente a Palermo (ucciso dalla mafia, ndr)».
La serie procede, al ritmo di un titolo l’anno. Dove sarà ambientata la prossima fatica?
«Sto scrivendo un’altra indagine di Vanina. È sempre ambientata a Catania, anche se si è già vista in altri miei libri qualche fuga a Taormina o a Noto. Ovviamente, c’è anche Palermo perché questa è la sua città e lei lì ha tuttora qualcosa in sospeso dal punto di vista non solo poliziesco ma anche personale e familiare. Non credo che dovrete aspettare molto: appuntamento per l’autunno».
Sono al quarto libro di Cassar Scalia, e da divoratrice dei romanzi di Camilleri con protagonista Montalbano, riconosco i tanti punti in comune e le differenze tra i due commissari, fra tutte le somiglianze emerge l’amore per la Sicilia. In cassar Scalia, finita la lettura delle sue opere,rimane tutto il sapore, l’odore, la luce di una Catania che prova a riscoprirsi attraverso il proprio passato storico e paesaggistico.