Ne “La casa capovolta” di Elisabetta Pierini la famiglia è «quella strana istituzione dove uno si illude di poter scaricare su un altro essere umano (o su un altro essere ugualmente disumano) tutto il peso della propria solitudine». Per salvarsi da chi è più vicino a lei e da tanti adulti fragili Eva, una bimba, si costruisce un mondo tutto suo, sognare è una necessità per sopravvivere…
«Le bambole erano tutte in fila sullo scaffale della cameretta di Eva. Avevano capelli lunghi di nylon e sorridevano di nascosto quando Eva le guardava. Gli occhi di vetro mandavano riflessi azzurri che galleggiavano nell’aria come una risata. Quando le prendeva, loro si trasformavano. La loro pelle diventava morbida, gli occhi si accendevano e quelle parlavano fitto con le loro voci trasparenti». L’incipit del libro di esordio di Elisabetta Pierini, La casa capovolta (382 pagine, 16 euro), vincitore del Premio Calvino 2016 e pubblicato dalla casa editrice Hacca, fa presagire la straordinarietà di un romanzo capace di accendere la fantasia di bambini e adulti.
Presenze e sogni
Protagonista è Eva, una bambina di dieci anni con la madre Alma in preda a disagi psicologici e il padre Aldo quasi del tutto assente per colpa del suo lavoro di antiquario e della relazione con una donna separata. La sua vita ruota intorno ad un’altra famiglia, meno disagiata della sua, ma con i suoi drammi esistenziali: è la famiglia della sua amica Laura di cui spesso frequenta la casa perché l’aria che vi respira è «la cosa di cui aveva più fame». Eva è una bambina particolare con il dono di popolare la sua testa e la sua fantasia di persone e presenze che la rassicurano e la fanno sentire protetta: le bambole che le parlano; il fratello Loris che non è mai nato a causa di un aborto; l’uomo con la valigia. Sono presenze che abitano la sua “casa capovolta”, una casa in rovina con il giardino coperto di erbacce e di sterpi che rispecchia lo sfacelo non solo di un edificio, ma dell’intera famiglia. Sognare è una necessità, un tentativo disperato di salvarsi,
Sognare era una specie di vizio. Ma anche una necessità. A casa sua c’era sempre tensione: l’ossigeno, se c’era, se ne scivolava a terra in polvere di ghiaccio e veniva spazzato via ogni giorno. Attraverso i sogni Eva respirava come attraverso una maschera di sub.
La bimba non abituata alle carezze alza muri
Pierini ci racconta non sola la vita di una bambina che vive in una famiglia disadattata, ma ci fa entrare in punti di piedi nelle case di altri nuclei familiari mettendo sotto i nostri occhi le difficoltà della vita quotidiana (dalla donna che inizia a sentire stretto il suo ruolo di casalinga, maledicendo la scelta di avere rinunciato ad una vita lavorativa, alla coppia che non riesce ad avere figli, fino al professore che vive nel camper). Ciò che viene fuori è un romanzo coinvolgente ed empatizzante che consente al lettore di instaurare un rapporto emozionale con i protagonisti, soprattutto con Eva la cui “casa capovolta” diventa il contenitore delle più distinte umanità. La scrittura è limpida, essenziale, priva di fronzoli e con una prosa asciutta che arriva all’anima in maniera diretta. È in questo modo che si impara a voler bene a quella bambina non abituata alle carezze che non ascolta molto quando le parlano, che vive in un mondo tutto suo in cui si rifugia per proteggersi dal dolore e dalla sofferenza di non sentirsi del tutto accettata, né dalla sua famiglia, né dagli altri: si trincera dietro i suoi pensieri, alza muri e si barrica dentro quella mente popolata di presenze che l’aiutano ad affrontare il quotidiano.
I bambini come Eva spandono il loro odore intorno, un odore di miseria che non attira simpatia.
Una sola relazione umana
Ci s’interroga sul ruolo e il valore della famiglia, «quella strana istituzione dove uno si illude di poter scaricare su un altro essere umano (o su un altro essere ugualmente disumano) tutto il peso della propria solitudine», si legge nel romanzo. Si scopre che non è così scontato considerarla quella struttura in cui principalmente si forma l’individuo: non lo è per Eva che se ne estranea ed imparare ad affrontare la realtà grazie a due persone che vivono solo nella sua testa: il fratellino (mai nato) Loris e il signore con la valigia marrone, un vagabondo che la segue e la conforta. E poi ci sono le sue bambole, quel mondo che si riempie di colori, di paure, di amicizie, di alleanze e di ripicche come fosse vero. L’amicizia con Laura è l’unica relazione umana che le dà lo stesso conforto che cerca nella sua fantasia, anche se ha un’ammirazione profonda per Marta, la mamma della sua amichetta, la donna che l’accoglie e le apre la porta di casa nonostante le proteste del marito Guido.
La casa capovolta di Elisabetta Pierini è uno di quei romanzi che non vorresti mai finissero perché sa toccare le corde più profonde dei sentimenti umani, perché mette in mostra le fragilità di ogni essere umano e stupisce perché, in mezzo a tanti adulti fragili, vi è una bambina costretta a crescere in fretta che trova la forza di salvarsi da sola.
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