Dopo una lunga attesa Uzodinma Iweala, scrittore americano di origini nigeriane, pubblica il secondo romanzo dopo un esordio di successo. “Non parlare” è un romanzo di grande potenza: il coming out di un ragazzo nero di successo a scuola e nello sport, osteggiato da genitori conservatori e religiosi, è la miccia di eventi che sconvolgeranno tante vite…
Circa quindici anni fa Uzodinma Iweala, statunitense di origini nigeriane, aveva fatto gridare al miracolo per il suo esordio, in Italia pubblicato da Einaudi, Bestie senza una patria, storia di un bambino soldato africano, scritto in un inglese audace, sperimentale e contaminato dal pidgin, che aveva messo a dura prova traduttori di tutto il mondo. Dopo una lunghissima pausa, almeno per gli standard contemporanei degli editori, Uzodinma Iweala rientra linguisticamente nei ranghi, ma confrontandosi con un’altra storia potente che potrebbe essere destinata a lasciare il segno. Se il valore di pochi grandi libri è chiaro non appena finiscono in vetrina, in libreria, per altri, serve una fisiologica parentesi pluriennale. In Italia questo scrittore quasi quarantenne riparte dalle edizioni Nua, sigla indipendente, e da due traduttrici, Chiara Messina ed Emanuela Piasentini, a cui è stato affidato il suo nuovo romanzo, Non parlare (171 pagine, 16,50 euro)
Un figlio gay trattato come un indemoniato
Sono il razzismo latente della società americana, ma soprattutto l’omofobia (a partire da quella covata nella cultura ultra-conservatrice di una coppia di nigeriani, molto ben integrati nell’elite benestante di Washington) a reggere le pagine di Non parlare. I genitori del protagonista Niru e del fratello maggiore OJ hanno cresciuto i propri figli secondo certi principi, anche di devozione alla tradizione e alla religione. Gli inflessibili padre e madre non accetteranno l’omosessualità di Niru (segreto che il ragazzo, brillante, destinato ad Harvard, di successo anche nello sport, ha condiviso fino a un certo punto con l’amica Meredith). Un rifiuto che li porterà a più riprese, anche con un viaggio in Africa, a rivolgersi a reverendi e vescovi chiamati a liberarlo dal proprio orientamento sessuale con riti alla stregua di esorcismi, come se si dovesse cacciare uno spirito maligno. Una parentesi infernale, quella dall’altra parte dell’oceano, che cambierà tutto. Di ritorno negli States, l’afroamericano Niru vedrà il mondo diversamente, sarà sempre più disorientato, fra rapporti troncati (Meredith è un ex’amica) e approcci emozionanti (con l’affascinante Damien). E un fragoroso colpo di scena lascerà un segno indelebile sulla storia, che nella seconda parte è raccontata con gli occhi di Meredith, amica di Niru – cresciuta in una famiglia di tante apparenze e poca sostanza – inizialmente innamorata di lui, che non è riuscita ad aiutarlo, presa dalla propria vita e dalle proprie debolezze.
Un segreto e una resa dei conti
È un romanzo agile e denso, Non parlare di Uzodinma Iweala, ricco di flashback e di dialoghi senza virgolette, con frasi e pensieri mescolati con poca punteggiatura. La seconda parte è una resa dei conti (di rimorsi, di passato che non può tornare indietro, di ferite sempre aperte) a sei anni da quello che si racconta nella prima parte del romanzo. C’è qualcosa che ha sconvolto le vite dei protagonisti e dei loro cari. Meredith ha bisogno di un conforto a livello psicologico, deve lottare con alcuni demoni.
Neanch’io sono un mostro. Ma lui non mi lascia in pace, è nei miei incubi e nei miei sogni a occhi aperti. Devi lasciarlo andare, Meredith, dice la dottoressa Blake mentre nascondo il viso tra le mani e mi lascio cadere sulla poltrona del suo ufficio. È lui che deve lasciarmi andare, ribatto dondolando con le braccia strette intorno al corpo.
Un nuovo segreto insensato e straziante che le stringe il cuore resta come un nodo in gola ai lettori. Impossibile scioglierlo. Leggerne, però, potrebbe risultare un balsamo. Per tutti, indistintamente.
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