Ne “Gli ultimi giorni della nuova Parigi” di China Miéville la capitale francese diventa una grande galleria d’arte infestata da demoni, arte vivente, nazisti e surrealisti che s’affrontano in una guerra senza fine. Urban fantasy e ucronia ambientata nel 1950, intreccia attenta documentazione e libera creatività, fra squarci metaletterari, citazioni, comparse d’autore e una pseudo postfazione che confonde ulteriormente le acque…
Il surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme di associazione finora trascurate, sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero. Tende a liquidare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi nella risoluzione dei principali problemi della vita.
Queste parole tratte dal Manifesto surrealista redatto dal padrino del movimento André Breton possono essere una valida introduzione a Gli ultimi giorni della nuova Parigi (192 pagine, 14 euro)dello scrittore inglese di origine francese China Miéville, già pluripremiato autore per le sue opere di genere fantasy, fantascienza e new weird, volume edito da Fanucci nella traduzione di Pierluigi Fazzini.
La letteratura è di sua natura artificio, finzione, spesso sperimentazione, contaminazione di linguaggi e generi che hanno la capacità di disegnare nuovi mondi. La fantascienza, il fantasy, le distopie e i suoi correlati riescono più di altri a creare mondi immaginari come quelli che Miéville tratteggia nei suoi romanzi, su tutti Perdido Street Station, La città delle navi, Il treno degli déi, (tutti editi da Fanucci). Eccezione non fa Gli ultimi giorni della nuova Parigi, romanzo accostato forse improvvidamente a Le città Invisibili di Calvino, un’opera quella di Miéville che è un urban fantasy e un’ucronia ambientata nella Parigi del 1950, una città in realtà mai esistita e assediata che ricorda per certi versi l’episodio dell’assedio di Parigi citato ne L’Orlando Furioso dell’Ariosto, in fondo un fantasy ante-litteram.
Una guerra senza fine
Nella nuova Parigi di China Miéville è in corso una guerra senza fine nella quale si affrontano nazisti, surrealisti, demoni e opere d’arte viventi, i manif, bizzarre creature metà oggetti e metà animali nate dalle menti degli esponenti del movimento surrealista le cui opere “viventi” citate nel romanzo trovano esplicitazione nelle ultime venti pagine del romanzo che sono le note disseminate nel corso della narrazione e che costituiscono un mini glossario e pseudo enciclopedia del movimento, infatti alla ricca e dettagliata descrizione iconografica delle opere storicamente esistite, frutto di un’attenta documentazione, si sovrappone “nella linea temporale” (così è definito il tempo della fiction del racconto) la più pura e libera creatività dell’autore che arriva a disegnare inediti collages, dipinti, figure, creature meccaniche, un variegato bestiario degno del miglior Cortázar, e una nuova topografia urbana e scenografia sulla scia delle suggestioni e delle opere pittoriche e scultoree su come abbellire la città, con riferimenti a un’iconografia surrealista variamente riadattata che porta a immaginare ad esempio la Basilica del Sacré Coeur che nell’allucinazione artistica di André Breton sarebbe dovuta diventare un deposito di tram dipinto di nero o l’immagine della Tour Eiffel della quale avrebbe dovuto rimanere solo la parte superiore: “I monconi dei suoi montanti, quaranta piani in alto nel cielo”, o ancora le due torri di Notre Dame che sarebbero dovute essere sostituite come da suggerimenti ancora di Breton da due container pieni di sperma e sangue.
Surrealisti contro nazisti
La Parigi trasfigurata da China Miéville sembra uscita dal mondo immaginato da Philip Dick nella sua Svastica sul Sole, ricorda la Parigi “storica” del secondo conflitto mondiale, tra collaborazionisti, nazisti che si aggirano per le strade tra avamposti e barricate (benché la guerra dovrebbe essere terminata da sei anni) e Thibaut, l’eroe del romanzo, un Main á plume, manipolo di artisti anarchici che tra il 1941 e il 1945 stampò e diffuse clandestinamente una rivista surrealista in brossura con articoli anonimi, delle specie di samizdat, strumenti di resistenza alla barbarie, volendo ancora illuderci, sembra domandarci China Miéville se l’arte possa ancora costituire qualcosa del genere.
Nelle strade e negli arrondissement di Parigi Thibaut incontra una donna americana, forse una spia, una fotografa che dovrà dare alle stampe un libro dal titolo Gli ultimi giorni della nuova Parigi. Anche il piano narrativo si confonde lasciando spazio al metaletterario, oltre che ai manif che sono contesi tra surrealisti e nazisti che cercano di impadronirsene per i loro scopi, “contro la degenerata arte ebraica”, delirante proposito messo storicamente in atto dalla propaganda nazista della Entartene Kunst, quelle forme d’arte messe alla gogna dal criminale regime perché contrarie ai valori tipici della razza ariana.
Giocare significa resistenza
Nella finzione allucinatoria di China Miéville a Marsiglia, nove anni prima rispetto all’epoca della nuova Parigi, nel 1941, Jack Parsons, un eccentrico ingegnere americano si trova in combutta con una schiatta di “pittori, poeti, anarchici, comunisti” a cercare di incanalare il potere immaginativo dei surrealisti per sconfiggere il Reich, realizzando che “qualcosa in Francia era molto sbagliato o molto giusto” condividendo con i suoi compagni un mazzo di carte per organizzare quella “ribellione cartografica”, perché “giocare significa resistenza”.
I manif si liberano nelle strade di Parigi insieme a “combattenti di strada nazisti e della resistenza che si uccidevano l’un l’altro nel panico mentre cercavano di contenere apparizioni fantastiche a cui non riuscivano a dare un senso”. La Parigi di China Miéville diventa una galleria d’arte surrealista, una città infestata da demoni, arte vivente e nazisti. L’arte, il surrealismo, espressione artistica forse più di tutte simbolo della libertà, diventa il simbolo della resistenza alla barbarie.
Erano convulsamente belli ed erano arrivati. I poeti, gli artisti e i filosofi, gli attivisti della resistenza, esploratori segreti e combina guai erano diventati, per forza di cose, soldati
Un caleidoscopio citazionista
Gli ultimi giorni della nuova Parigi è un sogno, un’allucinazione, qualcosa che non è mai esistito o che forse vogliamo solo dimenticare come il peggiore degli incubi.
È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti