Un romanzo dalla forte valenza politica che parla alla coscienza di tutti noi: è “Trash” di Martino Costa, ambientato in una cittadina balneare del nord-est. I protagonisti cercano un posto nell’ingranaggio dell’esistenza, combattendo con la miseria, anzitutto dell’anima
Trash (282 pagine, 17 euro) di Martino Costa, edito da Pessime Idee, è un libro che non si dimentica facilmente. Il titolo è paradigmatico di quel che vi si trova all’interno. Una cittadina balneare del nord-est italiano, stretta tra il mare e i capannoni industriali, ammorbata dai rifiuti che la sommergono e la sua anonima opacità, è lo sfondo in cui tutto si compie. Tra le sue strade si muovono come iene i personaggi di questa storia, figure decadenti, marginalizzate, persone cui la vita non ha riservato sconti, che provano a stare a galla mentre ogni cosa intorno sembra sovrastarli.
La speranza persa di giustizia sociale
C’è la ricerca della dignità del lavoro, attraverso le trame sindacali che provano a mettere ordine in un mondo dove vince il più forte, dove primeggia il più furbo. C’è la delinquenza dei quartieri periferici, con i loro palazzoni grigi e le ronde di spacciatori che controllano il territorio, con le proprie regole e gli indiscutibili codici comportamentali. Ci sono le vite sofferte e affamate di Alina, Santiago, Maestrale, Raul, Paulina, Bella. Fantasmi, potremmo definirli, talmente leggeri da risultare quasi invisibili: ognuno di questi cerca il proprio posto in quell’odioso ingranaggio che è l’esistenza, combattendo con la miseria, anzitutto dell’anima, in cui tutto degrada, in cui si perde ogni speranza di giustizia sociale, senza alcuna possibilità di riscatto.
Non abbassare sempre il capo
Trash di Martino Costa si propone ai suoi lettori come un libro dalla forte valenza politica: i diritti dei lavoratori, la difficoltà di integrazione degli stranieri, il divario sempre più prepotente tra ricchi e poveri sono solo alcuni dei temi che Costa squaderna, parlando alla coscienza di ciascuno di noi. Forse per indurci a reagire, forse per spingerci a non abbassare sempre il capo.
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