Nove anni dopo la pubblicazione negli Usa, tradotto in italiano “Guns”, saggio contro le armi del maestro Stephen King. Tutto merito della casa indipendente napoletana Marotta&Cafiero. Con prosa scarna e cristallina King spiega l’America delle armi e indica qualche soluzione…
Quello che nel 2012 era stato un instant book, realizzato dopo l’ennesima strage armata, è un testo terribilmente attuale, ancor di più negli Stati Uniti passati dai tempestosi anni di Trump, in cui anche la tensione sociale è arrivata alle stelle. Stephen King, uno dei maestri assoluti per chi racconta storie e per chi le ascolta, per chi le scrive e per chi le legge, nove anni fa aveva concepito e concretizzato di getto Guns. Contro le armi (103 pagine, 15 euro), che adesso vede la luce in Italia per i tipi di Marotta&Cafiero, mitica casa editrice di Scampia. Un colosso nelle mani di una sigla indipendente che, dopo l’annuncio della positiva trattativa per pubblicare King ha continuato a rilanciare, annunciando libri di Pennac e Skarmeta. Abbiamo già detto qui del valore simbolico dell’arrivo del grande scrittore americano nel catalogo della casa napoletana e di come questo possa essere il primo passo di un modello virtuoso, adesso immergiamoci nel libro. Un inno, lucido e senza estremismi, contro le armi da fuoco. Rilanciato in Italia da una splendida realtà, ubicata in un quartiere napoletano dove le armi e l’illegalità non mancano, ma anche dove nascono fiori come gli editori corsari di questo volume…
Film e libri violenti? Macché
Stephen King, che in qualche modo si definisce una specie di nipote putativo di Martin Luther King, possiede tre pistole, con una certa consapevolezza. La stessa che, da liberal, lo porta a riflettere, senza pregiudizi e paraocchi, sulla violenza armata e sul controllo delle armi da fuoco (tanto più che negli Usa i numeri sono spaventosi, riassunti da alcune infografiche che si possono visionare fra un capitolo e l’altro). Il maestro di Portland, con prosa scarna e cristallina, sfarina i cliché sulla cultura della violenza dominante nel Paese a stelle e strisce, da film e libri, dai più amati e dai più in voga non sgorga violenza: classifiche e dati d’ascolto spazzano via che gli americani abbiano interesse per l’intrattenimento che contiene violenza armata.
L’ossessione della difesa personale
Pesa ben altro nella diffusione delle armi da fuoco nella quotidianità di molti americani, nelle micce che accendono tante stragi, specie nelle scuole. Le lobby delle armi sono potenti e danno parecchi posti di lavoro. Un radicato e diffuso senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, sentimenti ambivalenti e contraddittori che si animano nel petto di bravi cittadini, altruisti, impegnati nel volontariato, magari, ma ossessionati dalla difesa personale, dalla certezza e dall’orgoglio di saper e dover badare a se stessi (salvo poi, in tanti casi, non sapere o non potere usare le proprie armi nei momenti in cui servirebbero).
Una rinuncia personale
King parla anche di un’esperienza personale, di responsabilità indirette che in qualche modo attribuisce a un suo romanzo giovanile, scritto al liceo. Un romanzo successivamente ritirato dal commercio, per evitare che il protagonista, Charlie Decker, potesse continuare a essere un compagno di sventura di »ragazzi infelici con radicati problemi psicologici». Più metaforicamente
Non lasci una tanica di benzina dove un ragazzino con inclinazioni alla piromania può mettere le mani.
Non sogni, ma buon senso
Nelle proprie conclusioni King attinge al realismo e al buon senso, chiedendo specifiche limitazioni e pene maggiori per chi sbaglia. Non propone utopie né auspica bacchette magiche per soluzioni immediate, prova ad avviare una ragionevole discussione, con esempi concreti, facendo riferimento ad alcuni provvedimenti che in Australia hanno ottenuto successo. Fa un certo effetto leggere un King così concreto, così poco onirico e poco metafisico. Il “solito” King bisognerà cercarlo altrove…
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