Romanzo surreale e metaforico, “Nuovissimo Testamento” di Giulio Cavalli torna sui luoghi del precedente “Carnaio”, ovvero DF, terra che rappresenta, anche con iperboli, l’attuale società globalizzata, dove sono banditi emozioni, sentimenti e pensieri. Una lettura molto coinvolgente…
Nuovissimo testamento (290 pagine, 19 euro) di Giulio Cavalli, pubblicato da Fandango, è un romanzo iperbolico e metaforico, infatti con una vicenda surreale ci pone di fronte alla possibile realtà distopica del prossimo futuro, o meglio forse, per certi aspetti, già dei nostri tempi. Il lettore viene portato nel contesto socio-politico ed economico di DF, una terra che pur con le sue esagerazioni, rispecchia davvero alcune caratteristiche dell’attuale società globalizzata che, nel suo porre i potentati economici al di sopra di ogni valore, dirige in parte e, forse, ancor più dirigerà gusti e tendenze, annebbiando, come accade ai cittadini di DF, emozioni, sentimenti, sogni, trasformando così ogni essere umano in entità omologata, in semplice macchina operativa, aliena da gusti, tendenze e comportamenti autonomi.
Il vaccino contro il disturbo affettivo
Fausto Albini disegna un cerchio sulla sabbia e forse, preso da un ricordo, sta male. Portato al pronto soccorso, viene ricoverato tra i malati con disturbo affettivo, quel particolare malessere dal quale i cittadini vengono regolarmente resi immuni tramite vaccinazione, essendo essi di fatto destinati ad essere, sia a livello genetico che lavorativo, delle macchine di un ingranaggio socio-economico che controlla anche gli esseri umani, rendendoli a sua volta strumenti di quel processo produttivo di cui fanno parte, insomma macchine tra macchine destinate a lavorare e a riprodursi in una omologazione di vita che uguaglia e rende indistinti anche le cose più banali, quale potrebbe essere, ad esempio, la scelta o preferenza per un colore, infatti per tutte le macchine viventi «l’abbigliamento era grigio quattrocentoventiquattro, quello invernale, grigio quattrocentodue quello primaverile e quello estivo…» (cap.3, pag.21) e non solum sed etiam, la numerazione riguardava tutto, anche le macchine viventi, semplici numeri di un sistema in cui il processo e l’avanzamento economico rendono tutto statico ed immobile.
Un’apparente democratizzazione
Riusciranno i ribelli a far rivivere anche attraverso la lettura, emozioni, sentimenti e pensieri? Il referendum pare dire di no: in fondo vivere come macchine può anche piacere, se libertà, amore, rabbia, odio, pur nel loro carattere antitetico, comportano sempre responsabilità, coscienza morale ed operativa. Eppure qualcosa sembra cambiare nel sistema attraverso un’apparente democratizzazione, ma tutto di fatto resta com’era. Come nella DF di un precedente romanzo di Giulio Cavalli, Carnaio (ne abbiamo scritto qui), chi non si adatta diventa straniero e chi è straniero diventa un impiccio, anche se un’ora prima era moglie, figlia… Solo così è possibile gestire la situazione: con l’isolamento ed inventandosi nuove grottesche regole.
Il mondo che verrà o che già è
A lettura conclusa, viene spontaneo chiedersi se il romanzo può considerarsi simbolo o allegoria di tante dittature che, a prescindere dall’identità politica ed ideologica, hanno caratterizzato o caratterizzano alcuni stati, ma il simbolo è intuitivo, alogico, l’allegoria presuppone la ragione e al romanzo di Giulio Cavalli è sicuramente ascrivibile la seconda non solo per il contenuto perché l’opera sembra anticipare il mondo che verrà o, che forse, di fatto già è, grazie anche alla tecnologia informatica che ha favorito modelli di produzione e consumi sempre più uniformi e convergenti, ma anche per il titolo che attraverso l’attributo al superlativo, sembra alludere alla “dittatura democratica” che, grazie alla rivolta, seppur perdente, alla fine sembra instaurarsi ai DF.
Visione fantastica e paradossale
Tanti scrittori hanno affrontato il tema della globalizzazione, ma dandone soprattutto una visione storico-economica, basta ricordare Storia d’impresa di F.Amatori e A. Colli, La globalizzazione intelligente di D. Rodrik, Identità perduta di Colin Cronah, etc…, ma nessuno ne propone una visione insieme fantastica e paradossale come Nuovissimo testamento di Giulio Cavalli e, proprio per questo, coinvolge talmente il lettore da non fargli notare lo spostarsi delle lancette dell’orologio verso orari inconsueti per la lettura. Lo stile dell’opera, pur nella pregnanza lessicale che lo caratterizza, rivela un uso inadeguato della punteggiatura, soprattutto nella proposizione del discorso diretto; forse trattasi di un surrealismo formale, che tende a riproporre quello del contenuto, che, pur nella sua valenza allegorica, non cessa di apparire tale al lettore.
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