Alice Walker e il razzismo spiegato a una nipote

A oltre cinquant’anni dalla prima pubblicazione torna il romanzo di debutto di Alice Walker, “La terza vita di Grange Copeland”. Sullo sfondo della Georgia rurale, dove la segregazione razziale è finita solo sulla carta, il rapporto speciale tra il vecchio Grange e la giovane nipote Ruth è la sola cosa bella in una storia di violenze e sopraffazioni, sbronze e adulteri: i carnefici sono i neri che, con le donne, si comportano come i bianchi nei loro confronti…

Poco più di cinquant’anni fa Alice Walker si presentò al mondo delle lettere con un romanzo di debutto, La terza vita di Grange Copeland (356 pagine, 18 euro), che fa impallidire moltissimi dei libretti che al giorno d’oggi fanno gridare al miracolo. Influencer, blogger e opinion leader dei libri oggi si sciolgono per molto molto meno. Ma tant’è. Questo romanzo riappare dopo tempo, dopo essere andato fuori catalogo per Frassinelli ed è Sur, nella sua esplicitazione anglofona, Big Sur, a rilanciarlo e a restituirgli vita. Ottima notizia, come sempre quando ci sono di mezzo grandi scrittori (ed Alice Walker lo è, sebbene più di una volta abbia espresso interesse o simpatia per opere antisemite…).

Quel nonno contro i bianchi

In questo libro (che ha una postfazione dell’autrice), presentato nella traduzione di Andreina Lombardi Bom (molto efficace, considerata la particolarissima lingua originale adottata da Alice Walker), a prendersi la scena sono un nonno e una nipote, Grange e Ruth. Il primo spiega, con pochi fermi concetti, la sua avversione per i bianchi alla seconda.

«Punto primo», disse Grange, «ti hanno rubato dall’Africa».
«A me?», fece lei.
«Buona», disse lui. «Punto secondo. Ti hanno portato qua in catene».
«Ehhh?», mormorò lei. Si guardò le caviglie che erano un po’ scorticate ma per il resto intatte.
«Punto terzo. Quando eri schiava ti picchiavano tutti i giorni e ti davano da mangiare soltanto erbe…»
«Come quelle che diamo a Dilsey?», lo interruppe lei.
«Foglie di caviolo», disse lui. «E frattaglie».
«Trippa? A me piace. Mi piacciono pure le foglie di cavolo».
Facevano brutte cose alle donne (All’epoca le aveva soltanto nove anni).
«Cosa, cosa!», chiese lei, tutta infervorata.
Sono malvagi.
Sono diavoli con gli occhi azzurri.
Sono i tuoi nemici naturali.

Grange, in modo molto elementare, illustra come e perché la segregazione razziale sia alle spalle solo sulla carta, perché persista l’oppressione economica, sociale, psicologica. Nella Georgia delle piantagioni di cotone la schiavitù è stata abolita, ma Grange, figlio di mezzadri ne ha viste di tutti colori lungo il corso dell’esistenza. La vita per gli afroamericani resta durissima. In particolare per le donne di colore, anello debole di una catena di violenze, non solo fisiche. Ruth – figlia del figlio di Grange, Brownfield, e di Mem – è uno spiraglio di riscatto, una piccola erede per cui vale la pena ancora tutto, nella testa del nonno, che in qualche modo sostituisce anche la madre della piccola: «A quanto pare non riesco a insegnarti altro che la voglia di sapere le cose. Non ho mai vista nessuna come te quando si tratta di andare a guardare sotto la verità rivelata».

Un’umanità non umana

Prima di quel rapporto speciale ci sono tante storie di sopraffazione, violenza, adulterio, ci sono sbornie, soprusi e vendette, di cui spesso sono vittime le donne. Uno spaccato animalesco di un’umanità che non sa essere umana. Grange ha provato a rifarsi una vita lontano da quel buco in cui è nato. Ma non c’è riuscito, ha scoperto che il Nord non è coisì diverso dal Sud. E, tornato alla base, vede che il suo erede, il figlio Brownfield, è, né più né meno, un carnefice come i bianchi che odia e sfoga la violenza che ha dentro su moglie e figlie. Alice Walker riesce a trasmettere questa sconfitta di Grange  in modo diretto, ma al tempo stesso poetico, con una prosa molto vicina a quella del suo capolavoro Il colore viola. Riesce però, in fondo, a trasformare il vecchio protagonista, a farlo vincere in qualche modo, con un sacrificio estremo che varrà la salvezza di Ruth, contro le intenzioni di Brownfield.

Doveva continuare a giocare pesante, così come aveva cominciato. Avrebbe tolto la figlia al nonno, non perché la volesse, ma perché non voleva che fosse Grange ad averla.

Sfuggire al destino…

Le donne, sensuali e sconfitte, seducenti e macilente, sono centrali in questo romanzo di esordio di Alice Walker. La lenta sconfitta di Mem, dall’eloquio troppo raffinato per i gusti del marito («Zitti, adesso parla la mia signora, noialtri stupidi negri la dobbiamo stare a sentire!») è una figura esemplare di resistenza e declino, di sopportazione, anche se infine di sconfitta. Al destino ineluttabile delle donne di colore nella Georgia del Sud forse potrà sfuggire solo Ruth…

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