Una narrazione pop, un omaggio al Sommo Poeta, che viene riumanizzato e calato nella nostra prosaica quotidianità. Giuseppe Conte, nel suo “Dante in love”, immagina che una notte all’anno Dante torni a Firenze. Operazione delicata e audace, un esercizio di fantasia che permette all’autore di dire come si vive adesso nelle nostre città, come la gente perde tempo correndo dietro certe cose, perfino come il covid abbia monopolizzato tutto…
Un’ombra si aggira per Firenze: è Dante, vestito di aria e di foglie secche, attratto dalla sua antica città come da una calamita. Non ha più forma corporea – è infatti il settecentesimo anniversario della sua morte –, ma per una sorta di ironico contrappasso inflittogli dal Signore dell’Universo è costretto a tornare, una volta all’anno, sulla Terra, finché una donna da lui amata non ricambi il suo amore.
Hai scritto di avere viaggiato con il tuo corpo in carne e ossa tra le ombre dell’Aldilà sino al Paradiso, ora farai il viaggio opposto, viaggerai come ombra tra gli uomini in carne e ossa. Questo avverrà una notte ogni anno, scenderai dall’eternità nel tempo, e vi starai dal tramonto all’alba, invisibile, senza i sensi del tatto e del gusto, completamente immateriale, ma in grado di vedere, sentire, odorare…
il Signore dell’Universo ha deciso così, e che strano, non è circondato dalle voci degli angeli e dei beati, come Dante ha scritto nella sua Commedia. Non abita neanche in una rosa, l’Empireo non assomiglia una corolla dalla circonferenza infinita, ma più a un imbuto. Dio ha sembianze di uomo, di donna, di bambino, di anziano, tutto insieme, e ha un sorriso in cui ogni sorriso modifica il precedente in una escalation infinita di sfumature: biasimo, ironia, benevolenza, rimprovero, curiosità…
Il Battistero e la lingua italiana d’oggi
È una notte piena di luci artificiali, l’aria sa di smog e di odori diversi da quelli che il Sommo Poeta ricorda. Seduto sui gradini del suo Battistero – non si allontana mai da quel triangolo magico i cui vertici sono idealmente Battistero, Duomo e Campanile – ripensa a quando a quell’ora «si accendevano le stelle in cielo, migliaia di stelle, fitte come fili d’erba in un campo».
È un Dante diverso quello che emerge dal libro, un Dante che ha rivisto i propri errori, ripercorso scelte che lo hanno portato vicino e lontano dal potere, vicino e lontano dal favore di Beatrice. Riconoscibile nei suoi lati polemici, nel carattere fumantino e fustigatore, nell’acume satirico col quale commenta la lingua moscia e bamboleggiante degli italiani di ora, a cui fa il verso ripetendone i vezzi verbali:
Tuit tuit, fac fac, feis feis, buc buc, spot spot, sciot sciot, ueb ueb, tag tag, bec bec, toc toc, scio scio… Corvi, cornacchie…
Una lingua «misera, imbastardita, inetta, incapace di spaziare nell’Universo e di vedere l’invisibile», rilancia Dante a pagina 86.
Senti la mia:
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio.
Questo Dante è però anche molto meno spirituale rispetto a quello che ricordiamo aver studiato sulle molto annotate pagine delle nostre Divine Commedie. È un Dante che guarda le donne, che le desidera, che ha stilato una classifica delle sessanta donne più belle di Firenze, e che ha pensieri decisamente poco eterei nei confronti delle fanciulle di varia età e provenienza che gli sfilano dinanzi nel ventunesimo secolo, novelle Beatrici, Francesche e Pie in blue jeans e scarpe da tennis.
La studentessa e la tesi su Dante
Un nuovo inizio, una svolta, la dà l’apparizione di Grace – nome scelto per nulla a caso. Studentessa di Baltimora fuorisede, indipendente e sveglia, quasi insignificante agli occhi del poeta perché poco vistosa, sobria. Lei difende un giovane angelo di strada, un senzatetto che abita sui gradini del Battistero e che la polizia sta infastidendo. Dante decide di seguirla, prima nei meandri di Firenze, per il centro, lungo l’Arno, poi nelle pieghe della sua esistenza, sin dentro il suo appartamento di universitaria.
Grace si sta laureando in Letteratura, con una tesi su Dante.
Che colpo al cuore! Sullo schermo del Mac di Grace scorrono in inglese rime molto familiari per Dante, e, quale sorpresa, sulla scrivania di lei ci sono libri che lo ritraggono in copertina, con la corona il vestito rosso di quando era bello e famoso.
Sarà proprio Grazia, contemporanea guida in questa moderna Firenze e nel risvegliato sentire del poeta, a sciogliere Dante dal duro contrappasso che deve scontare prima di essere ammesso tra le anime del Paradiso?
Un omaggio per parlare del presente
Giuseppe Conte con il suo Dante in love (204 pagine, 17 euro), edito da Giunti, compie un’operazione molto delicata, omaggia il Sommo Poeta ri-umanizzandolo, calandolo nella nostra prosaica quotidianità. Nello stesso tempo, rispolvera concetti altissimi, servendosi di riferimenti, citazioni e stralci che intercala nella sua narrazione. Una narrazione “pop”, che nulla toglie alla ben nota figura ma anzi la amplia, mostrandone inediti scorci senza tradirne l’essenza.
È chiaramente un esercizio di fantasia, un volo sulle ali dell’immaginazione, che permette all’autore di dire nel contempo alcune cose. Come sono le nostre città di ora, come ci si vive. A cosa pensa la gente di adesso, correndo dietro cosa perde il proprio tempo. E anche cosa è successo al mondo nell’ultimo assurdo anno, durante il quale è stato spazzato via tutto quel che non fosse pandemia. Cosa ha fatto il covid alle abitudini della gente, come ha ridotto le piazze e i luoghi della cultura, come ha monopolizzato qualsiasi canale di informazione, vampirizzando le conversazioni, assorbendo spazio e tempo, allargandosi e colonizzando aree del vivere e del pensare che eravamo abituati a considerare intoccabili.
Due parti
Il libro, altra particolarità, è diviso in due parti. La prima, narrativa, si chiude su un finale aperto. La seconda, che inizia con una piacevole nota autobiografica, riporta e commenta alcuni testi di Dante, e approfondisce gli aspetti accennati nella parte narrativa: il Dante Fedele d’Amore, il Dante carnale e terreno, il Dante non direi sovversivo, ma almeno anticonformista. Certo, uomo del suo tempo, ma con più chiaroscuri di quanto comunemente si creda.
In una serie di capitoletti snelli ed estremamente ben argomentati, Conte si focalizza su alcuni punti nodali del vissuto e del sentire di Dante, quasi una trasvolata arbitraria dei lati meno esplorati: “Guido, i’ vorrei”, “Il mito di Beatrice”, “Le altre”, “Francesca contro Beatrice”, “La passata follia”.
L’amore
Dante in love ha il merito di strappare un sorriso a chi ricorda con amicizia nomi come Arnaut Daniel, e anche quello di contestualizzare con parole chiare una pagina cardinale della nostra letteratura – motivo per cui io lo proporrei ai ragazzi.
È in ultima analisi un libro dedicato ad amore, che parte dal sentimento dell’uomo medievale e dalla struttura rigidamente codificata dell’amor cortese, oggetto privilegiato del quale è la donna angelicata, per arrivare a parlare proprio a noi, attraverso la voce fittizia del grande poeta: «Sono entrato presto nell’Amore. Ero un ragazzino anch’io, e lo era Beatrice. Da allora, sono in love. […] Se sono uscito da quel reame, è stato a mio danno, perché ho perduto la strada, ma quando poi ci sono rientrato non ho più voluto lasciarlo».
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