Un giallo che non è giallo, “Tre madri” di Francesca Serafini. Almeno nella misura in cui la protagonista, la poliziotta Lisa Mancini, s’immerge nei tormenti della propria anima parallelamente alla ricerca di soluzione per alcuni delitti. Un romanzo, quello della nota sceneggiatrice, fuori dal comune per sintassi, punteggiatura e chiaroscuri sentimentali
Tre madri (304 pagine, 18 euro) di Francesca Serafini è un giallo alla stessa maniera di come XY di Sandro Veronesi è un thriller: non essendolo. E mescola alto e basso allo stesso modo (certo, non toccando le stesse vette) di tante pagine vergate da Umberto Eco. Comun denominatore di questi autori è la casa editrice che li pubblica, La Nave di Teseo, una delle note liete, con pregi e difetti, dell’editoria nostrana, capace di aggiudicarsi il premio Strega con Il colibrì di Veronesi, di scovare una debuttante di smisurato talento come Claudia Petrucci, di proporre voci originali e niente affatto scontate come quelle di Francesca D’Aloja e Sergio Claudio Perroni, di strappare alla concorrenza una scrittrice di spessore e fuori da schemi ritriti come Carmen Pellegrino.
Tormenti e ossessioni
Francesca Serafini con questo romanzo (il titolo è un omaggio all’omonima canzone di De André, cantautore che è un filo rosso nel libro) dimostra di andare ben oltre l’etichetta di sceneggiatrice di talento con preziosi studi linguistici alle spalle. S’inventa, in un periodo editoriale in cui non mancano, una nuova poliziotta, che sembra superficiale e apatica all’ennesima potenza, dopo essere aver ottenuto il trasferimento dalla Francia (dove lavorava all’Interpol) al commissariato di Montezenta, un piccolo centro romagnolo «dal profilo medievale», dominato dall’ingombrante presenza di una fonderia. Ma l’investigatrice (che sembra essere interessata solo a un noto videogioco) sprigiona tormenti ed energia come pochi personaggi recenti. Più che i nodi dell’intreccio da sbrogliare sono quelli dell’anima della protagonista a prevalere, le ossessioni del passato (con bei squarci in flashback), quelle del presente. L’essere prima figlia e poi immedesimarsi in alcune madri, le tre del titolo, e diventare adulta. Ed essere donna, soprattutto, in una realtà e in un ambiente dove la prepoderanza maschile è ancora notevole.
Un triangolo e la commissaria
La commissaria poco più che trentenne Lisa Mancini, questo il nome della protagonista, si riaccende e si scrolla la noia di dosso dopo la scomparsa di River, il figlio di due artisti stranieri che, alla periferia del paese, e nell’ambito di una comunità, creano opere con oggetti da riciclare e rottami vari. Aimèè, la madre del ragazzo, sarà la prima con cui Lisa (che poco si fida delle apparenze e delle evidenze) avrà a che fare, oltre a Ting Yimou, quella di una bambina cinese uccisa e a quella, morta, del guardiano della fonderia, Edda. Un triangolo a cui Lisa si sente più vicina di quanto si possa immaginare – tutt’altro che secondari i suoi ragionamenti sulla maternità – e che in qualche modo c’entra con la sua decisione di lasciare Lione…
Parole esatte e ritmo gagliardo. Con divagazioni…
Ricomincia sempre Lisa Mancini, per i lettori un mistero che si svela pian piano, non si dà per vinta, nonostante la zavorra dei ricordi, certi tormenti della mente, domande esistenziali, quesiti professionali, la diversità al di là delle etichette. Serafini è abile a farli emergere, a evocarli e ritrarli, soprattutto nella loro essenza, nei chiaroscuri e grazie a una lingua intarsiata di varie citazioni, una lingua tutt’altro che standard (dimenticate gli autori di polizieschi italiani che vanno per la maggiore…), di parole esatte, con l’autrice che padroneggia e modella punteggiatura e sintassi. Tre madri di Francesca Serafini è un poliziesco super atipico, a cominciare dal finale, ed è una bella sorpresa, si fa apprezzare per un ritmo gagliardo, in cui non mancano colpi di scena (strizza l’occhio a certe serie televisive senza scimmiottarle), ma anche per rallentamenti e frenate che si nutrono di divagazioni e pensieri, di emotività e atmosfere, del lungo passato della protagonista che è un romanzo nel romanzo.
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