Salvatore Mugno cura e traduce una nuova edizione di “Le poesie di un Maledetto” di Mario Scalesi, l’iniziatore della letteratura maghrebina francofona e il più grande poeta tunisino di lingua francese del Novecento. Versi, quelli di Scalesi, in bilico fra impegno sociale ed emarginazione fisica e psicologica
Dal 25 febbraio sarà nelle librerie la nuova edizione, riveduta, ampliata e col testo francese a fronte, di Le poesie di un Maledetto – Les poèmes d’un Maudit (214 pagine, 15 euro) di Mario Scalesi, pubblicato dall’editore Editore Transeuropa, curato e tradotto dal saggista e narratore siciliano Salvatore Mugno.
Questo volume ci presenta la vita e l’opera del poeta siculo-tunisino con un’analisi molto approfondita, scrupolosa e appassionante.
Esso si articola in varie parti: nel testo introduttivo (Un poeta maudit ingabbiato tra i matti) si ripercorrono gli ultimi mesi di vita del poeta presso l’ospedale psichiatrico di Palermo (La Vignicella), in cui morì, a trent’anni, nel 1922, finendo buttato nella fossa comune.
Seguono le sezioni dedicate alle Opere poetiche e ai Contributi saggistici dello scrittore tunisino. Molto puntuale è la ricostruzione, aggiornata fino ai nostri giorni, della Bibliografia critica relativa all’opera scalesiana.
Il lavoro del curatore
Il curatore del volume non manca di illustrare (nel capitolo Qualche dato storico e demografico sulla presenza italiana in Tunisia tra Otto e Novecento) le vicende storiche della comunità italiana nel paese africano al tempo in cui visse lo scrittore maudit.
Particolarmente ricco e attento è, soprattutto, il saggio critico di Mugno (La conquistatrice sottile, con allusione alla funzione della cultura), in cui egli spiega la genesi del suo interesse per Scalesi, le motivazioni e il “laboratorio” della traduzione in italiano (in questa nuova versione, i testi sono stati rivisti e perfezionati, rispetto a quella “giovanile” del 1997); ripercorre il pensiero dello scrittore tunisino espresso nei suoi tanti interventi critici, con riguardo soprattutto alle sue teorizzazioni (già nel 1918) sulla necessità di una letteratura maghrebina di espressione francese; e, infine, analizza, in un excursus molto corposo e assai intrigante, la fortuna critica dell’opera del poeta africano.
Una vita tenebrosa
Nato a Tunisi nel 1892, figlio di poveri emigranti di origini italiane e maltesi, Mario cresce insieme ai suoi sei fratelli nel quartiere popolare di Bab Souika, a Tunisi.
Suo padre Gioacchino, aveva scelto di lasciare la propria terra (Trapani, in Sicilia) all’età di vent’anni, per spostarsi clandestinamente a Tunisi, dove lavorò come operaio delle ferrovie.
Sua madre Concetta Rambi, nata a Tunisi, aveva avi maltesi e sardi. Svolgeva servizi domestici presso le famiglie benestanti.
Una caduta dalla scala di casa, all’età di cinque anni, provocò al piccolo Mario gravi danni alla colonna vertebrale, a cui si aggiunsero altre malattie.
Tra dolore e impegno
Lo scrittore tunisino nei suoi testi poetici esprime il proprio dolore e la propria emarginazione fisica e psicologica che lo porteranno verso la pazzia. Ma molte sue poesie hanno un’impronta spiccatamente e potentemente sociale e “impegnata”.
Scalesi si rifugiava presso la Biblioteca Nazionale di Tunisi, scoprendo i libri dei grandi scrittori della letteratura francese (Baudelaire e Hugo tra i suoi preferiti) che influenzarono molto la sua poesia. Egli non potè continuare gli studi a causa della difficile situazione della sua famiglia. La sua formazione fu dunque quella di un autodidatta.
Il vero cognome del poeta era Scalisi, francisizzato in Scalési quando pubblicava articoli nei periodici letterari di Tunisi.
Le collaborazioni giornalistiche e le poesie
Grazie, infatti, al suo amico giornalista e intellettuale franco-tunisino Arthur Pellegrin, Scalesi poté collaborare con importanti periodici letterari della capitale, «Soleil» (1918) e «La Tunisie illustrée» (1917-1921). Fu anche membro fondatore della Société des Ecrivains de l’Afrique du Nord.
Dopo la sua morte, le sue poesie vennero pubblicate e salvate dall’oblio attraverso varie edizioni, alcune uscite a Parigi (1923, 2002), altre a Tunisi (1930, 1935, 1996, 2010) e in Italia (1997, 2006), queste ultime sempre a cura di Salvatore Mugno.
Sfogliando il libro, troviamo versi di questo tenore, pieni di malinconia ma anche di composta lucidità: «Contrariamente al Cristo, l’ineffabile Salvatore, / che nacque nel presepio e morì crocifisso, / io sono nato in croce e muoio in una stalla, / dove le strida del bestiame soffocheranno la mia voce» (Nell’Ombra, p.141).
Mugno, come critico, si è interessato, oltre che di Mario Scalesi, anche di altri grandi autori della letteratura tunisina, talvolta in collaborazione con altri studiosi, curandone e traducendone delle opere: Moncef Ghachem e Abū’l Qāsim ash-Shābbi.
Innovatore e “rinnegato”
Scalesi è oggi ritenuto, pressoché unanimamente, l’iniziatore della letteratura maghrebina di espressione francese e il più grande poeta tunisino di lingua francese del Novecento.
Salvatore Mugno in altro suo lavoro ha sottolineato il destino parallelo di Abū’l Qāsim ash-Shābbi (1909-1934), “poeta nazionale” della Tunisia, e Mario Scalesi, lo scrittore mediterraneo e europeo dello stesso Paese: entrambi innovatori, entrambi “rinnegati” dai contemporanei, entrambi morti giovanissimi.
Le poesie di un Maledetto di Mario Scalesi, in questa nuova edizione curata da Mugno, sono un’opera eccellente per chiunque voglia scoprire e comprendere la poesia dello sfortunato scrittore tunisino.
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Ho comprato “Les poèmes d’un maudit” nell’edizione curata da Salvatore Mugno un paio di giorni fa. Mi ha colpito il tono profondamente elegiaco, intimo per condizione personale e familiare ed universale per condizione sociale. Ed il tutto scritto in un francese quasi colloquiale, un registro medio per una profondità emotiva sorprendente. L’evocazione del dolore, del bisogno d’amore, della disperazione causata dalla malattia e dalla povertà, è di una potenza straordinaria! E non c’è rabbia, non c’è rancore ma disperazione, rimpainto e rassegnazione.