Una classe di ragazzi tardonovecenteschi nell’anno della maturità è ritratta in “Stupidi e contagiosi”, romanzo corale di Giovanni Za. Tra amori e viaggi, politica e droghe, giovani alla ricerca di una felicità difficile da trovare…
Anni Novanta: gli allievi del quinto anno del Liceo scientifico “Scacchi” affrontano la loro ultima esperienza scolastica. Professori severi, elezione dei rappresentanti del Consiglio d’istituto, attraverso liste che rispecchiano il fronteggiarsi di posizioni politiche diverse; sorgere di amori a volte fugaci, a volte profondi e veri; viaggio in Interrail ed esperienze di vita di totale libertà operativa; frequentazione di pub, bar, discoteca ed alienazione nella droga; esami di maturità ed ansie e tensioni ad essi connessi; necessità di decidere per il proprio futuro, ossia di scegliere la facoltà universitaria che avrebbe segnato il percorso di tutta la loro esistenza.
Il pericolo di affondare
In Stupidi e contagiosi (304 pagine, 18 euro), edito da Fandango, lo scrittore Giovanni Za, forse memore come allievo e come docente di queste esperienze di vita tipiche dei maturandi, con uno stile chiaro e in posizione eterodiegetica, entra appieno nella dinamica mentale ed operativa dei protagonisti. Insomma siamo di fronte ad un romanzo corale, che possiamo considerare, come afferma l’autore nel sottotitolo, “un’antologia di sogni e desideri di media-borghesia tardo novecentesca”. I protagonisti, quasi tutti caratterizzati da soprannomi: Anna Lisa Gorini (Ariel Nata con le Ali), Alessandro Querceti (Alexander), Morgan Yeats(Moya), Carlo Gustavo Bernadotte (Carlo XVI Gustavo), etc…, possiamo considerarli una generazione immersa nella “Zattera della medusa” per adoperare una metafora implicita nel quadro di Théodore Gèricault, con il pericolo di affondare come la fregata francese se non riesce a placare e ad incanalare nella giusta direzione gli input divaganti dai principi etico-morali tradizionali che, dopo le contestazioni giovanili del Sessantotto, sono progressivamente venuti meno nelle nuove generazioni che, fra l’altro vivono ormai in un contesto sociale in cui anche la famiglia è naufragata e i giovani “navi senza nocchiero in gran tempesta” (Dante, Purgatorio, c.VI) sono quelli destinati a pagarne il prezzo più alto.
Senza coordinate della felicità
Ne consegue che anche le divergenze di opinioni politiche, non si limitano ad essere delle semplici differenze ideologiche che non scardinano il civile relazionarsi umano, tipico delle società democratiche, ma divengono motivi per lo scatenarsi di inimicizie personali o di gruppi. Insomma mancano “Le coordinate della felicità” che, come sostiene Gianluca Gotto nel suo omonimo romanzo autobiografico, non si trovano nella ribellione, nel sognare e nel viaggiare, né nel fare della scoperta del mondo, di se stessi e degli altri lo stimolo per vivere appieno; né d’altra parte, aggiungiamo, la felicità può consistere nell’accettare in modo passivo e acritico la società costituita, ma viverla per smontarla se occorre e, a tal fine, coltivare ideologie politiche come i maturandi del liceo scientifico Scacchi, è importante perché senza idee come non si cambia la scuola, così non si cambia la società.
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