Un ultracentenario ebreo ungherese sfuggito alla Shoah e vissuto quasi tutta la vita in Israele è il protagonista di “Storia vera o non vera di Chaim Birkner”, romanzo distopico di Omer Meir Wellber. Deciderà di tornare in patria, non sopportando il fanatismo religioso che regna nel 2038 in Israele. Un libro politico, fra lacrime e risate che si interroga sui temi eterni della letteratura: amore, morte, memoria e menzogna
Chaim Birkner è un adolescente e poi un uomo e, infine, un matusalemme sempre in fuga, non un eroe. In fuga dall’Europa in guerra e dalla minaccia nazista, dal kibbutz in cui approda, lasciando Budapest via Trieste, dalla figlia Sharon, quando gli muore la moglie Jadel, dalle parentesi belliche della recente storia israeliana e ancora da derive religiose estremiste di Israele che, in un immaginario 2038 (quando Chaim ha 108 anni), non intende sopportare oltre, preferendo tornare nella vecchia Europa antisemita, nelle strade di una Budapest abbandonata più di novant’anni prima. Evidente e senza remore la critica nei confronti di Israele che arriva dalle pagine di Storia vera o non vera di Chaim Birkner (238 pagine, 14 euro), coraggioso e dirompente romanzo di Omer Meir Wellber, direttore musicale del teatro Massimo di Palermo, palermitano adottivo che ha un feeling perfetto con il capoluogo siciliano. Felice l’intuizione della casa editrice Sellerio di proporlo, affidando la traduzione di Margherita Carbonaro, “voce” italiana di Herta Muller, ma anche autrice delle versioni italiane di alcuni magnifici libri di autori lettoni, Il latte della madre (Voland) di Nora Ikstena (qui la sua intervista), Come tessere di un domino di Zigmunds Skujins e Il pozzo di Regina Ezera (ne abbiamo scritto qui), entrambi Iperborea.
Tra Ottavo Distretto e kibbutz
Il romanzo del direttore d’orchestra israeliano non è una novità come distopia ebraica (senza scomodare alcuni libri di Philip Roth), basti pensare a Il sindacato dei poliziotti yiddish (Rizzoli) di Michael Chabon o a La città senza ebrei (Chiarelettere) di Hugo Bettauer, o ad alcune recenti prove di autori italiani, Caviglia e Boni, rispettivamente con Olocaustico per Giuntina e Il museo delle penultime cose per 66thand2nd. Storia vera o non vera di Chaim Birkner è, però, un libro speciale. Pubblicato originariamente in Germania un paio di anni fa, mescola sapientemente l’incanto dell’Ottavo Distretto della capitale magiara (quello raccontato dai gemelli Pressburger, per Marietti prima e per Einaudi poi) e le storie dei pionieri dello Stato d’Israele. E lo fa con un congegno temporale che accosta momenti diversi della vicenda in ogni capitolo, in sequenze senza soluzione di continuità, fino all’ultimo capitolo (che si chiama proprio così), in cui questa scelta stilistica dell’andirivieni cronologico è portata alle estreme conseguenze, senza peraltro disorientare il lettore, anzi vivacizzandone l’attenzione: difficile mollare la lettura.
Fra orrori e sghignazzi
Wellber – il cui romanzo è stato rifiutato da decine di case editrici israeliane – disegna una parabola di perenne sradicamento, che si nutre di storie degne dei più bravi cantori di shtetl e ghetti: il protagonista si muove tra rabbini e nazisti, pericoli e sentimenti (su tutti quella per Leon, ragazzina che è il suo amore d’infanzia e diventerà una violinista di fama), paradossi, orrori e sghignazzi (esemplari degli uni e degli altri una surreale traduzione in simultanea che Chaim fa delle dichiarazioni di una ex kapò). Il romanzo si apre con la richiesta di un’intervista a Chaim, l’uomo più vecchio d’Israele e si chiude a Budapest, dove l’anzianissimo ebreo torna, accompagnato da una procace badante magiara. Era fuggito in Israele, prima del peggio, perché i genitori avevano corrotto alcuni nazisti, e alla partenza gli era pure stata affidata l’anziana Miriam, cieca. Va via da uno stato asfittico e retrogrado, Israele («Non si può costruire uno stato su un teatro dei traumi…» dice in un’occasione il padre di Chaim), va via da anima irrisolta, dall’identità a pezzi, rifiutando il clima di estremismo, rifiutando «tutti questi fanatici religiosi che vivono seguendo la halakhah e restano legati alle loro concezioni». Lo spiega alla figlia, sposata a un ultraortodosso, tuonando:
Chi può sentirsi a casa qui? Avete devastato tutto, non c’è rimasto niente. Questo stato ha imboccato una direzione che non potevamo immaginare nemmeno nei più spaventosi incubi, quando siamo arrivati qui dall’Europa.
Eros, thanatos, memoria e menzogna
Parole che possono far paura all’attuale establishment israeliano – dove laicismo e modernità sembrano non attecchire mai – ma che appaiono piuttosto naturali nella mente, sulla bocca e sulle pagine di un intellettuale cosmopolita come Omer Meir Wellber. Romanzo splendido, eminentemente politico, Storia vera e non vera di Chaim Birkner, si concede qualche pittoresco bozzetto d’ambiente chassidico, e non si sottrae però ad eros e thanatos («Non ho mai avuto paura della morte, solo di dover dire addio a tutti»), alla riflessione sulla memoria, che si nutre anche di inganni e di illusioni, di ricordi che finiscono per rivelarsi falsi, menzogne o variazioni sul tema. La vita, poi, che cosa è? Non sarà mica tutta verità, e figuriamoci la letteratura…
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