“L’isola del silenzio” di Horacio Verbitsky è il risultato di una coraggiosa inchiesta giornalistica, durata quindici anni, su connivenze e complicità della chiesa argentina con la dittatura. Un’opera che racconta il dolore mai superato dei sopravvissuti e quello delle madri dei desaparecidos, ma soprattutto le responsabilità e il silenzio complice del clero, oltre alle accuse di doppiogiochismo per Bergoglio sul caso di due gesuiti sequestrati dai militari
La casa editrice Fandango ha deciso di rimandare in libreria L’isola del silenzio di Horacio Verbitsky (traduzione di Andrea Grechi), uscito in Italia per la prima volta nel 2006. Si tratta di un’accurata e coraggiosa inchiesta giornalistica, ricca di testimonianze e prove documentali «sul ruolo della Chiesa nella dittatura argentina», come si evince dal sottotitolo. L’isola El silencio è un luogo-simbolo, di violenza e vergogna. L’isola in questione ai tempi della dittatura argentina era di proprietà della Chiesa, un luogo frequentato dai propri membri più che altro a scopo ricreativo. Nel settembre del 1979, però, quando la pressione internazionale costrinse la Commissione Interamericana per i Diritti Umani ad un’ispezione a Buenos Aires, i prigionieri detenuti clandestinamente presso la Scuola di Meccanica della Marina (ESMA) vennero trasferiti su quest’isola. El silencio (titolo originale dell’opera) rappresenta perciò anche il silenzio-complice della Chiesa. Una Chiesa collusa che da un lato intercedeva col sistema, facendosi carico delle richieste disperate dei familiari dei desaparecidos, e dall’altro dava sostegno ai militari, quasi a volerne giustificare le atrocità in nome di Dio. Verbitsky, documenti alla mano, fa nomi e cognomi, e tra questi c’è anche quello di Jorge Mario Bergoglio, massima autorità dei gesuiti in Argentina dal 1973 al 1979.
In ballo Bergoglio
Inutile negare che il libro non avrebbe avuto l’eco mediatica internazionale che ha avuto, se il giornalista argentino non avesse riportato anche il caso di due gesuiti sequestrati e imprigionati dai militari che in seguito hanno tirato in ballo Bergoglio, accusandolo di doppiogiochismo. Ma in questo senso vanno fatte subito delle precisazioni, a scanso di equivoci: il libro di Verbitsky non è un libro su (o contro) Bergoglio. L’autore dedica molto più spazio ad altri personaggi del clero argentino dell’epoca (da monsignor Graselli al nunzio apostolico Pio Laghi), proporzionalmente al carico di accuse e prove rintracciate nella sua indagine durata oltre 15 anni. Per di più Verbitsky ha consegnato il manoscritto al proprio editore nel 2004, prima che le condizioni di salute di papa Wojtyla peggiorassero e quindi prima che Bergoglio salisse agli onori della cronaca vaticana per essere stato l’unico vero antagonista, in sede di conclave, di Ratzinger, poi divenuto papa Benedetto XVI, nel 2005 alla morte di Giovanni Paolo II.
Desaparecidos e dolore
Insomma, il lavoro di Verbitsky è intellettualmente onesto e mira a far emergere (ove possibile) la verità, che nel caso specifico significa raccontare le vicende nei dettagli, anche i più tristi e crudeli, il dolore mai superato dei sopravvissuti e quello delle madri dei desaparecidos, mettendo in luce le connivenze e le gravi responsabilità di tutti, anche della Chiesa, in tutte le sue diramazioni. Una Chiesa che, come è successo pure in Europa con i regimi occidentali del secolo scorso, non è mai stata particolarmente dura o ostile coi tiranni, specie quelli di matrice fascista: «Quando c’è spargimento di sangue, c’è redenzione. Dio sta redimendo la nazione argentina per mezzo dell’esercito argentino» ebbe a dire il provicario Victorio Bonamin al cospetto di un’adunata militare, poche settimane prima del golpe argentino. Come non tornare con la mente a Pio XI che nel 1929 definì Mussolini «l’uomo della provvidenza»?
Chiesa e potere
Il legame tra Chiesa e Potere è vecchio quasi quanto la Chiesa stessa. Ciò che colpisce in questa vicenda semmai, è come la Chiesa argentina non esitò a “sacrificare” alcuni suoi uomini, in particolare coloro che dedicandosi agli ultimi venivano ritenuti troppo di sinistra e quindi pericolosi per la Chiesa stessa. È il caso di Orlando Yorio e Francisco Jalics che hanno individuato in Bergoglio il responsabile delle loro sofferenze. Le accuse di doppiezza rivolte a Bergoglio dai due gesuiti sono gravi e non convince affatto la difesa di colui che oltre 30 anni dopo sarebbe diventato Papa Francesco. Troppe e schiaccianti prove lo inchiodano (non entriamo nel dettaglio della vicenda, il lettore potrà trarre comunque le proprie conclusioni dal resoconto del libro). Questo non significa voler esprimere giudizi sul suo operato successivo, cioè da papa. Altresì non si può far finta di niente, solo perché l’allora cardinale Bergoglio oggi guida la Chiesa e gode di popolarità a livello planetario.
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