La Palermo dei primi anni Novanta, stretta nella morsa della mafia, è raccontata attraverso gli occhi di cinque piccole protagoniste (ispirate dalle foto di Letizia Battaglia), che si riscoprono complici e solidali, ne “La battaglia delle bambine” di Simona Dolce. La lotta al racket, il risveglio delle coscienze e il cambiamento di una città, non definitivamente ma più lontana da sangue e omertà, in pagine scritte con lucidità e chiarezza
Torna negli Oscar Junior di Mondadori, con età consigliata sopra i 10 anni, ma è un libro che anche gli adulti farebbero bene a leggere, condividendone magari la lettura con i più giovani. La battaglia delle bambine (224 pagine, 10 euro) è opera di una scrittrice tout court, la palermitana Simona Dolce, classe 1984, di stanza a Roma. Raccontando una storia d’altri tempi, sono trascorsi 30 anni, Dolce ci trascina nelle assolate strade del centro storico del capoluogo siciliano, nella tarda estate del 1991, quando la città si ritrovò a fare i conti con l’omicidio di un esempio positivo come pochi, l’imprenditore Libero Grassi disse pubblicamente no alle richieste del racket mafioso. Un rifiuto categorico, amplificato dalle dichiarazioni alla stampa, che arrivò in ogni tinello e in ogni appartamento di Palermo. Anche in quelli delle immaginarie, ma verosimili protagoniste de La battaglia delle bambine che si apre subito dopo l’assassinio deciso dalla cupola mafiosa. Piccole protagoniste non in carne e ossa, ma di carta, che in qualche modo sono state ispirate a Simona Dolce dalla nota fotografa palermitana Letizia Battaglia – lei stessa, sigaretta, frangetta, macchina fotografica al collo, comparsa fra le pagine del romanzo – e da certi suoi ritratti fotografici in bianco e nero, ormai entrati nell’immaginario collettivo, e proposti in appendice al romanzo nella versione hardcover.
Due nemici
Cinque piccole si troveranno a combattere prima una battaglia con alcuni coetanei, poi una decisamente più grande, contro un nemico.
Occhi bassi e non guardare, le bambine sanno che questa è una regola importante.
Strada facendo le cose cambieranno. Agnese (sua mamma lavora alla Sigma di Libero Grassi, la piccola sogna il ritorno del padre torni a casa), Aurora (figlia di un mafioso), Marialuce (suo padre raccoglie ferri vecchi per strada) e le sorelle Elda e Marina, figlie di sarti, anch’essi alle prese con richieste di pizzo (le avanza un mafioso, lo Sfregiato), sono universi distanti. Ma pian piano s’avvicinano, si capiscono, prendono coraggio, lottando e crescendo. Innanzi tutto contro una banda di bulli coetanei (capitanati da Malpelo, prendono in giro Agnese, ma non sfiorano Aurora), maschi forti in gruppo e assolutamente fragili singolarmente. Poi provando a incastrare un sicario mafioso, che ha ucciso un commerciante refrattario all’obbedienza, omicidio a cui ha assistito una del gruppo, Marialuce, che sogna di ballare con Freddy Mercury e invece si trova a tu per tu con la sopraffazione quotidiana, in una Palermo che ha le sirene della polizia come colonna sonora.
Il cambiamento
L’uscita allo scoperto di Libero Grassi e il suo barbaro assassinio per mano mafiosa è stato l’inizio della fine di Cosa nostra. L’anno successivo le belve avrebbero fatto fuori Falcone, Borsellino e i loro fedelissimi delle scorte. E poi si sarebbero scoperti per quel che sono, poveracci e non invincibili, cani braccati e non strateghi d’eccezione, il fango della terra e non certo il sale. Il sale sono le ragazzine, le bambine che sono metafora viva del cambiamento, di una città non definitivamente, ma più lontana da sangue e omertà. Si scrollano di dosso la paura, si scoprono non più sole ma solidali e, forse incoscienti ma libere, sposano l’audacia, il coraggio, l’amicizia.
Bellezza e giustizia
Con una scrittura lucida e chiara Simona Dolce riesce in un esercizio abbastanza complesso: modellare una favola moderna, senza spalmarla di retorica, dosare amarezza, dolcezza, grazia, indicando la strada giusta da una parte e quella sbagliata dall’altra. Un po’ come certe foto di Letizia Battaglia anche questa storia di Simona Dolce ha a che fare con la bellezza e con la giustizia. Non sarebbe male se i lettori di questo romanzo imparassero a lottare, a rischiare, anche prendendo come modello le piccole eroine di queste pagine.
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