Un’antica leggenda è alla base del titolo “La lezione dell’elefante”, romanzo di Marco Rizzo, che ha come protagonista un ragazzo in fuga dal Mali e il suo viaggio da migrante che resiste alle avversità. Una partenza che riesce a cambiare il suo destino
Il romanzo La lezione dell’elefante (136 pagine, 10 euro) di Marco Rizzo, pubblicato da Navarra, già nel titolo rivela la valenza semantica implicita nel testo: resistere ed avere coraggio, non desistere di fronte alle difficoltà e alle avversità che la vita presenta, così come ha fatto l’elefante della leggenda che il protagonista Sekou ha letto in un antico libro di suo zio Kidane.
Due fabule parallele
Strutturalmente il romanzo presenta due fabule che procedono parallele e solo alla fine convergono in un lieto fine che segna l’incipit di una nuova vita. A Timbuctu, Sekou, finite le lezioni presso la moschea, non si reca al mini-market del padre per aiutarlo, ma dallo zio perché affascinato dalla sua biblioteca, dai libri che essa contiene, dalla musica e dagli strumenti che egli suonava, ma presto tutto ciò è destinato a finire: i Jihadisti occupano la città e anche le biblioteche vengono bruciate, tuttavia il ragazzo non si arrende al futuro funesto che lo attende e con il suo zaino che contiene il tesoro che lo zio gli aveva lasciato, parte e riesce a cambiare il suo destino.
Il prologo, i tre interludi e l’epilogo del romanzo di Rizzo (qui abbiamo scritto di Salvezza, suo graphic novel illustrato da Lelio Bonaccorso) hanno per protagonista Sekou, i capitoli interposti, anche loro con titoli che colgono il significato degli eventi in essi narrati, la storia della sua famiglia e della sua città. Il narratore è in posizione eterodiegetica, ma adotta il punto di vista del protagonista nel trattare quel particolare momento storico, mentre è onnisciente quando la narrazione riguarda il viaggio del giovane. La disposizione parallela degli eventi, di cui si è già detto, fa sì che la dimensione temporale subisca un’alterazione dell’ordine cronologico reale, lo scrittore infatti, manipola gli eventi e li pone in un ordine fittizio che vede scorrere parallelamente il presente e il passato, il qui e l’altrove che inizialmente può confondere il lettore nell’interpretare i fatti e nel porli nell’adeguata correlazione.
I pochi precedenti
Gli eventi di Timbuktu non solo hanno ispirato Charlie English nella scrittura del romanzo I ladri di libri (Mondadori) ma anche un film piuttosto famoso Timbuktu (Abderrahmane Sissak, 2014), come sottolinea lo stesso autore nella nota finale. Sebbene gl’Italiani emigranti a fine Ottocento e sino alla prima metà del secolo scorso siano stati numerosi, e ciò dovrebbe creare un’empatia almeno emotiva e sentimentale negli scrittori attuali verso i migranti dal continente africano e dall’est europeo, tuttavia la produzione letteraria su tale fenomeno è pressoché assente, se si prescinde dai romanzi “ il Polacco lavatore di vetri di Albinati e Gli Sfiorati di Veronesi; a questi ora possiamo aggiungere La lezione dell’elefante di Marco Rizzo che, come i suddetti scrittori, ha cercato di dare giusto spessore a queste persone, spesso vittime di pregiudizi.
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